Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo di domenica 10 ottobre 2010

In questa 28.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù guarisce dieci lebbrosi. Ma solo uno di essi, un samaritano, lo ringrazierà. Il Signore dice:

“Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»”..

Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

“Gesù pone un legame evidente fra salute e salvezza, in risposta al lebbroso samaritano che è tornato a ringraziarlo. E molti dei cristiani di oggi potrebbero pensare che dove c’è salute, c’è anche benedizione di Dio e dove non c’è salute Dio si è allontanato. Ma non è proprio così. La salute non è affatto tutto, come invece si dice: perché come persone umane non possiamo sempre stare in salute. E anche la malattia può essere scuola di umanità e di maturità, se è vissuta come esperienza naturale della nostra fragilità costitutiva. La pienezza di vita promessa e donata da Cristo riguarda l’uomo globale e non solo il benessere psicofisico. E anche la salute del corpo non è fine a se stessa, ma richiama la sorgente di ogni vita e di ogni benessere: per amare e servire Colui che ci ha dato la vita e per la nostra salute eterna si è fatto fragile ed è morto in croce. Per questo dobbiamo ringraziare. Il ringraziamento forse scarseggia oggi nello stile sociale: perché ognuno pensa a se stesso e pretende molto come suo diritto. Avessimo un cuore meno egoista e più grato, sarebbe meno acido il convivere. E si capirebbe anche meglio come il ringraziare faccia parte essenziale della fede cristiana.

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