Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo del 15 febbraio 2015

Nella sesta domenica del Tempo ordinario la liturgia ci propone il Vangelo in cui un lebbroso supplica in ginocchio Gesù: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Il Signore ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse:

«Lo voglio, sii purificato!».

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

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Il Vangelo di oggi ci pone davanti ad un malato di lebbra e alla guarigione che il Signore compie. Forse non siamo più neppure in grado di comprendere la tragedia che questa malattia portava e porta con sé, anche se oggi essa è curabile. È ancora presente nel mondo con 700-800 mila casi, quasi tutti concentrati in pochi paesi tropicali (alcuni pochi casi, soprattutto di stranieri, sono segnalati anche in Italia). Per la sua tragica devastazione del corpo, causa deformità delle mani e dei piedi, cecità ed altro, e le sue conseguenze sociali di esclusione dalla comunità civile e religiosa, era ed è tutt’ora considerata, in molte parti, una maledizione divina. Al punto che oggi, per evitare la stigmatizzazione che essa porta con sé, si preferisce chiamarla “Morbo di Hansen”, il medico norvegese che ne identificò il bacillo. Al tempo di Gesù i lebbrosi erano davvero gli “inavvicinabili”, gli “intoccabili” – un’immagine di ciò che il peccato fa nell’uomo. Davanti al grido di aiuto del lebbroso, che “riconosce” in Gesù l’inviato di Dio per curare anche i lebbrosi, Gesù risponde con la sua “compassione” divina, tende la mano, lo tocca – diventando secondo la legge, egli stesso impuro – e gli dice: “Lo voglio, sii guarito”. Questa compassione che cura davvero, che ha la tenerezza di una madre, è oggi anche per quanti, a causa dei lori peccati, si sono separati da Dio e dagli altri e possono, in Gesù, essere guariti, essere restituiti alla loro dignità di figli di Dio.

Fonte: Radio Vaticana

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