La Pasqua che ci libera dai pensieri malvagi
“Pace a voi!”, oggi, ora, nella vostra vita, nella concretezza dei vostri dubbi, nelle paure, in quella strana sensazione che ti fa “pensare” a Gesù risorto come a un fantasma. Perché anche a noi accade come agli apostoli: lo abbiamo visto il Signore “lungo la via”, era accanto a noi mentre camminavamo nella tristezza, ci ha parlato e lo abbiamo “riconosciuto nello spezzare il pane”. Siamo andati alla tomba e l’abbiamo vista vuota. Quante volte la Parola di Dio che la Chiesa ci ha predicato ha fatto ardere il nostro cuore? Quante volte, mangiando il Pane spezzato da Cristo nell’Eucarestia ci siamo sentiti risuscitare con Lui? Tante, tantissime, altrimenti non sarebbe stato possibile vivere l’amore con il coniuge per tanti anni. Non avremmo potuto aprirci alla vita e generare i figli che Dio ha pensato per noi. Non ci saremmo perdonati, e oggi staremmo marcendo nel rancore. I soldi avrebbero rapito il nostro cuore e non avremmo donato per gratitudine la nostra vita alla missione.
Eppure, nonostante queste esperienze, proprio durante le liturgie, nelle quali “parliamo di queste cose”, cioè dei miracoli che Cristo ha compiuto nella nostra vita, quando “Lui in persona appare in mezzo a noi” ci accade ancora come agli apostoli. Siamo “stupiti e spaventati”, e “crediamo di vedere un fantasma”. Non è così? La Parola di Dio è perfetta, non sbaglia un colpo. Se oggi la Chiesa ci presenta questo Vangelo significa che siamo ancora “turbati” e continuano a “sorgere dubbi nel nostro cuore”. Il termine “dubbi” traduce l’originale greco che letteralmente significa “pensieri”. Che vuol dire? Che cosa ci sta succedendo? Succede che Gesù appare davvero “in persona”, “Egli stesso” secondo l’originale, per “farsi vedere”, che è la traduzione più corretta del verbo “apparire”. La sua presenza reale “in mezzo a noi” è come un quintale di dinamite fatto brillare per abbattere la parete dei nostri “pensieri”, la fonte del “terrore” come davanti a una guerra, e del “turbamento”, come quello che aveva preso i discepoli quando Gesù aveva parlato loro del suo andare in un luogo che non conoscevano e dove non avrebbero potuto seguirlo.
Le esperienze della risurrezione di Gesù nella nostra vita dunque non hanno ancora avuto il potere di scardinare dal “cuore” i nostri “pensieri”. Siamo nella settimana in Albis, ma non siamo forse preoccupati per il denaro? Diciamocelo sinceramente, non siamo “impauriti” di fronte ai conflitti che ci attendono con i figli, con uno in particolare, al quale la Pasqua, e la vita della famiglia, lo studio, tutto sembra scivolare senza destare in lui il minimo interesse? O per aver scoperto cose che ci hanno dilaniato negli affetti? Non siamo “turbati” proprio per quello che significa la Pasqua, per l’esodo verso una vita che di certo desideriamo, ma di cui non riusciamo a “pensare” la forma e lo spazio? E allora “pensiamo” in noi stessi, come i due di Emmaus, dei quali, ricordate, Luca ha rivelato un solo nome, proprio per voler significare che i “discorsi” che si facevano erano in effetti immagine del dialogo di ciascun discepolo con se stesso; secondo l’originale greco, un “lanciarsi parole l’un l’altro”, “ribattere colpo su colpo”, tipico di quando, di fronte ai fatti, cominciamo a dialogare con il nostro io. E lo facciamo, secondo l’originale greco, “camminando con un’aria seria”, tipica dei filosofi. Ecco il punto: siamo ancora schiavi dei nostri “pensieri” con i quali, nel fondo del cuore, dialoghiamo con il nostro ego, che così continuiamo a mantenere al centro della nostra vita.
Per questo Gesù stesso viene anche oggi nella comunità cristiana per “farsi vedere” restando “in mezzo a noi”. E’ Lui al centro della Pasqua, attraverso la quale vuole entrare e restare al centro della nostra vita e del nostro “cuore”, cioè del nostro essere, il luogo intimo dove siamo liberi e possiamo discernere e decidere, insomma “vedere”. Ecco, Gesù “stesso” viene a prendere possesso di noi “stessi”, di tutta la nostra vita! E’ questo che ci manca ancora… Le esperienze fatte sono come una luce intermittente che ha illuminato per alcuni istanti la nostra vita; l’ha salvata eccome, e sì, lo abbiamo accolto, ma solo per un caffè, mentre Lui vuol venire e fermarsi per sempre al centro della nostra vita e “mangiare” con noi il nostro “pesce arrostito”, immagine degli eventi e delle relazioni di cui ci nutriamo abitualmente. E come lo fa? Lo fa prendendoci proprio al capolinea dei nostri vani ragionamenti, smentendo la conclusione insinuata in noi dal demonio che tutto quello che abbiamo vissuto è stato sì bello, e anche vero, ma in fondo era solo il frutto di un “pensiero” appunto, di una particolare esperienza “spirituale”, come suggerisce l’originale tradotto con “fantasma”. La Resurrezione di Cristo in noi è, secondo i nostri “pensieri”, legata a certi momenti speciali, alle liturgie, ai ritiri spirituali, a certe predisposizioni.
E invece no, la Pasqua è molto di più, infinitamente di più! E’ Cristo “in carne ed ossa” che ci chiede di consegnargli la nostra vita, tutta! E lo fa invitandoci a “toccare” e “guardare” il suo amore che risplende nelle sue “ferite”. Lui non è un pensiero, non è solo Spirito, Lui è “carne e ossa” crocifisse per te e per me, scese in un sepolcro a cercarci, e risuscitate come prova indubitabile che il suo amore è stato più forte di ogni nostro peccato. E oggi ci “mostra” di nuovo “le mani e i piedi” trafitti dai nostri pensieri e dai nostri peccati: in quelle ferite vi è la garanzia del perdono, e se siamo perdonati perché dovremmo continuare a difendere quello che ci ha avvelenato la vita? E’ questo il passo decisivo che ci manca: consegnare a Cristo noi stessi, perché Lui possa “mangiarne davanti ai nostri occhi”. Significa confessarsi, inginocchiarsi dinanzi al Santissimo, celebrare l’eucarestia, e consegnare a Cristo ogni pensiero, ogni peccato, ogni dolore.
Se lo farai, esploderai nella gioia del perdono, stupendoti al punto di “non credere ai tuoi occhi” nel vedere che le barriere dei pensieri, delle angosce, dei dubbi che ti separavano dalla “Pace” e dalla pienezza della felicità non esistono più. Come è possibile che Cristo mi ami così, che, nonostante tutto, non tenga conto delle mie meschinità, della mia incredulità, dei miei capricci, della mia durezza di cuore? E’ possibile, perché proprio per me, per me come sono oggi, “bisognava che fosse compiuto tutto quanto è scritto nella Legge di Mosè, nei profeti e nei salmi su di Lui”. E che cosa è scritto? E’ scritto di un popolo di dura cervice, dal cuore ostinato, incredulo di fronte ai tanti segni e prodigi di Dio, e di Servo che l’avrebbe salvato prendendo su di sé ogni suo peccato. E’ scritta la tua storia, sino ad oggi, e quella di Gesù, sino ad ora.
Dai a Cristo i peccati che hai nascosto, i pensieri che hai dissimulato, i dubbi di oggi, e sperimenterai come Egli “spalancherà la tua mente all’intelligenza, alla visione delle Scritture” compiute in Lui per te! E’ questa la tua resurrezione, quella che ti tira fuori dalla tomba dei tuoi pensieri, per aprirti alla fede che sa “vedere” l’amore di Dio in ogni evento. Era “scritto che Gesù doveva patire e risuscitare dai morti” perché “nel suo Nome”, cioè in Lui vivo in carne ed ossa, fossero “predicati a tutti la conversione e il perdono dei peccati”, quella che oggi cambierà per sempre il tuo cuore! Coraggio allora, “Pace a te” nella tua comunità cristiana, shalom, che, secondo la Scrittura, è il dono del Messia, la primizia del Regno eterno, il respiro della vita immortale; la pace dolce e succosa come il grappolo d’uva che Cristo ci porta quale segno della Terra promessa, la vera, l’eterna, che ha esplorato per noi entrandovi con la nostra stessa carne, perché nella nostra carne potessimo vivere da cittadini celesti di quel Regno. “Di questo” mistero Pasquale di Cristo che si compie in noi, “siamo testimoni”, cominciando dalla nostra “Gerusalemme”, dalla famiglia, dagli amici, da chi abbiamo giudicato e rifiutato. E’ questa la nostra Pasqua che si estenderà non più a intermittenza per ogni giorno della nostra vita.[ads1]