Nel 2015 papa Francesco fece a tutti, credenti e non credenti, il dono dell’enciclica Laudato si’ sulla cura del Creato, la casa comune di ogni sua creatura. E presentò san Francesco d’Assisi come «l’esempio per eccellenza della cura di ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità».
Definito cantore della natura e “giullare” di Dio, san Francesco oggi lo ricordiamo quale Patrono, con santa Caterina da Siena, della nostra bella e grande Italia, cosi duramente provata dal Coronavirus. Sull’esempio di Gesù, san Francesco è stato il Santo dei poveri e degli ultimi. Alla Scuola del Crocifisso di san Damiano, ancora giovane, imparò ad amare la povertà, intesa non come miseria o degrado né soltanto come privazione, ma come scoperta evangelica del “tesoro nascosto” e della “perla preziosa”.
Con il bacio al lebbroso, imparò a onorare e servire poveri e malati. Mistico e pellegrino, amato anche da molti non cristiani o non credenti, visse «con semplicità e in meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con sé stesso» (LS 10), povero fino alla morte, nudo sulla nuda terra. Oggi più che mai l’Italia, la Chiesa e il mondo hanno bisogno della fede e dell’esempio del Poverello di Assisi.
Il bacio di papa Francesco al Crocifisso bagnato di pioggia la sera venerdì 27 marzo in una piazza san Pietro vuota di fedeli, i profondi minuti di adorazione silenziosa davanti al Santissimo… tutto questo diceva la domanda di amore e di salvezza che sale dalla nostra umanità.
In quel bacio e in quell’adorazione erano presenti, infatti, i tantissimi poveri, cresciuti a dismisura a causa del Coronavirus, e tutti coloro che portano le ferite di sofferenza fisiche e morali: malati, operai senza lavoro, famiglie senza sussistenza.
Affidiamo oggi tutto e tutti, e la nostra bella Italia, al “bacio” di san Francesco. E chiediamo che ispiri saggezza anche in coloro che gestiscono il potere economico e politico, affinché comprendano che «l’uomo non potrà mai vivere sano in un mondo malato» e che «l’indifferenza è un virus peggiore del Coronavirus».
p. Giovanni Crisci, frate cappuccino
Fonte: il foglietto “La Domenica”