Benedetto XVI ha ricevuto ieri (31/08/2009) in udienza Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il presidente Marco Impagliazzo e il vescovo Vincenzo Paglia, che guida la commissione della Conferenza episcopale italiana per l’ecumenismo e il dialogo. Nel corso dell’incontro, svoltosi alla vigilia dell’odierna memoria liturgica di Sant’Egidio, sono stati affrontati i temi della povertà nel mondo, della cura dell’Aids in Africa, e soprattutto del prossimo Incontro interreligioso di preghiera per la pace “Uomini e Religioni”, che per il 2009 la Comunità organizza a Cracovia dal 6 all’8 settembre prossimi (anche con dirette video). Sull’importanza di quest’evento Stefano Leszczynski ha intervistato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio.
R. – L’importanza è legata al fatto che siamo a 70 anni dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale e a 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino. Ci sono due date che ci hanno spinto a ritrovarci a Cracovia, perché la Polonia fu proprio il luogo dove iniziò la Seconda Guerra Mondiale. Noi vogliamo dare un messaggio forte proprio da quel luogo e dalla città di Giovanni Paolo II: che bisogna superare la logica del conflitto e della guerra e scegliere definitivamente per il dialogo tra le religioni e le culture.
D. – Molti saranno gli incontri, moltissimi i temi che verranno trattati, tante le personalità. E’ possibile sintetizzarlo?
R. – Ci saranno dei temi di carattere spirituale: penso a quelli sul valore della preghiera nelle varie religioni o sul valore delle Sacre Scritture nelle tre religioni monoteiste, oppure temi legati al dialogo tra le religioni, tra le culture o al dialogo ecumenico. Ma poi anche temi di grande interesse sociale e politico: la questione dell’immigrazione in Europa, la questione del ruolo che l’Europa può giocare nel mondo. La Polonia, lo sappiamo, è un Paese che ha voluto fortemente la sua appartenenza europea. E poi guarderemo al mondo, all’America Latina, all’Africa e alle tante sfide che si aprono in questo tempo.
D. – Un evento particolarmente significativo sarà il pellegrinaggio ad Auschwitz, luogo di orrori, luogo legato alla Seconda Guerra Mondiale, ma anche luogo di dissapori contemporanei e di tensioni…
R. – Noi abbiamo voluto fermarci ad Auschwitz per rendere omaggio al luogo che più di ogni altro, nella storia del nostro mondo contemporaneo, ha segnato l’abisso della crudeltà e del dolore. Faremo un pellegrinaggio silenzioso, una visita al museo di Auschwitz, un pellegrinaggio silenzioso a Birkenau, dove prenderanno la parola soltanto due persone: un ex prigioniero ebreo, che oggi è il rabbino Lau – presidente del Museo Yad Vashem a Gerusalemme e che è stato prigioniero ad Auschwitz – e una donna zingara austriaca, perchè è stata prigioniera anch’essa come zingara in un campo di sterminio. Dopo queste due voci, poi, saremo tutti lì a deporre delle corone di fiori – compresi i musulmani – nel luogo dove si ricorda la morte di sei milioni di ebrei.
D. – Uno spazio è dedicato all’Africa. Quali sono i temi centrali per quanto riguarda questo continente, che è estremamente legato ormai al resto del mondo?
R. – Ne abbiamo discusso anche ieri con il Santo Padre nell’udienza che ci ha concesso per la festa di Sant’Egidio. Siamo alla vigilia del Sinodo africano. Il Papa ha compiuto da poco il suo primo viaggio apostolico in Africa, in Camerun e in Angola. Abbiamo constatato, anche parlando con il Santo Padre, la forza che può avere un discorso religioso per far sì che l’Africa rinasca. Qual è l’impegno di Sant’Egidio in Africa? Innanzitutto, l’impegno di far crescere, propagare la fede, l’evangelizzazione, ma anche di stare vicino ai tanti drammi che vive l’Africa oggi, primo fra tutti l’Aids. Noi siamo in dieci Paesi africani a curare l’Aids con 80 mila persone sotto trattamento antiretrovirale. Da queste persone – abbiamo raccontato anche al Papa, che si è molto rallegrato di questo – sono nate tante storie di resurrezione. L’Africa può risorgere se si comunica il Vangelo e se i cristiani del nord del mondo sanno essere vicini e più fratelli dei loro fratelli africani.
Fonte: Radio Vaticana