Il proposito di raffigurare la Trinità si manifestò precocemente nella storia della Chiesa cristiana. In queste prime immagini le tre persone della Trinità sono raffigurate attraverso il linguaggio dei simboli. La Trinità era rappresentata in modo simbolico figurato per mezzo di tre figure simboliche destinate poi a durare nel tempo:
- il Padre Eterno è raffigurato con una mano che esce dal cielo,
- il Cristo con un agnello, secondo le parole pronunciate dal Battista,
- lo Spirito Santo è rappresentato come una colomba, ripresa dal testo evangelico che descrive il Battesimo di Gesù.
Oppure era rappresentato con simboli astratti, incentrati spesso su figure geometriche:
- In sostanza i simboli più frequenti sono:
- il triangolo equilatero
- il trifoglio
- un insieme che comprende il trono (potenza), il libro (intelligenza) e la colomba (amore)
- una croce con il Padre alla sommità, il Figlio al centro e lo Spirito Santo alla base
- tre cerchi intrecciati che esprimono la loro comune infinità
- un gruppo di tre angeli, della stessa statura, che ricordano l’apparizione ad Abramo sotto il querceto di Mamre [Genesi, 18, 1-5].
Il secolo XII è il periodo chiave della diffusione nell’arte cristiana delle raffigurazioni della Trinità. Molte delle tipologie di immagini trinitarie che comparvero allora si dimostrarono capaci di durare nel tempo.
Guiard des Moulins, Bible historiale, XV sec.
Il Padre viene rappresentato con alla sua destra il Figlio, seduti su uno stesso trono. Tra di essi è posta la colomba rappresentante lo Spirito Santo. Dio Padre è raffigurato come un anziano, frequentemente con un globo e/o lo scettro, e talvolta con aureola triangolare, mentre il Figlio è accompagnato dai simboli della Passione.
Un altro filone iconografico, nato nel XII secolo, destinato a rivelarsi non ammissibile dalla Chiesa fu quello che rappresentava la Trinità come figura umana tricefala o come una testa trifronte. Proprio questa sospetta contaminazione con il paganesimo fece sì che tali immagini della Trinità venissero guardate con sospetto dalla Chiesa postdridentina ed esplicitamente condannate da papa Urbano VIII nel 1628.
Trinità Tricefala.
Troviamo una delle poche superstiti soluzioni iconografiche di questo tipo pervenute ai nostri giorni, in Italia, nel piccolo comune piemontese di Armeno all’interno della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta (XII sec.).
Nicolao da Seregno,
1478, Giornico (Canton Ticino), chiesa di San Nicolao.
“Volto trifronte”
Nel contesto della diffusione dell’Umanesimo e della ammirazione per il lascito culturale dell’antica Roma la soluzione del vultus trifrons apparve indubbiamente elegante ai pittori italiani dell’epoca, coerente con le divinità bifronti o trifronti del pantheon romano.
Nel XII secolo si affermò anche la rappresentazione della Trinità con il Padre Eterno in trono che regge il Cristo in croce.
Il soggetto trinitario inizia ad essere rappresentato in modo sempre più naturalistico, man mano che si esce dal Medioevo, riscoprendo forme dell’antichità classica (altri principi e altre divinità). Probabilmente giova allo sviluppo di questa nuova espressione iconografica anche la maggior capacità dei fedeli (e dei committenti delle opere) di individuare con chiarezza i concetti relativi al complesso e fondamentale dogma della Trinità.
Lorenzo Lotto nella sua “Trinità” inventò una soluzione nuova e piena di forza evocativa che fu copiata per secoli dagli artisti locali. Gesù è infatti rappresentato in gloria in cielo entro un cerchio di nubi, come nelle scene della trasfigurazione. Poggia i piedi su due cerchi paradisiaci e allarga le braccia per mostrare le ferite della Passione, mentre sopra di lui vola la colomba dello Spirito Santo.
Ma l’attributo iconografico straordinario è però l’apparizione del Padre: al posto della divinità umanizzata, evocata magari da una mano benedicente che scende dal cielo, Lotto lo rappresentò come un’entità di pura luce con le braccia alzate, alle spalle del figlio.
Raffaello Sanzio
“La Disputa sul Sacramento”
La linea verticale che idealmente unisce le tre figure ha come sottostante punto focale l’ostia consacrata, posta sull’altare, attorno al quale si svolge la disputa teologica.