I RACCONTI DI PASQUA – A cura di Ermes Ronchi

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Ripensare la risurrezione di Gesù, snodo cen trale della fede, prendendo sul serio i cambiamenti culturali prodotti dalla modernità, aderen do con forza ai testi evangelici. Questo è lo scopo dei tre saggi, brevi e intensi, raccolti nel presente volume.

Per essere viva, per trasformarsi in esperien za, la fede ha bisogno di un continuo aggiorna mento. Anche la risurrezione, proprio perché centrale nell’annuncio cristiano, può dispiegare il suo dinamismo vitale e la sua forza di speran za quando è ripensata alla luce delle domande del nostro tempo e rivissuta nell’accostamento amoroso dei testi fondatori.

L’immagine del Risorto, scolpita da Igor Mi toraj uno dei maggiori rappresentanti della scultura di questi ultimi decenni nel mondo sul le porte bronzee della basilica di Santa Maria de gli Angeli a Roma, traduce visivamente un’intui zione teologica luminosa e determinante: il Cristo risorto è immaginato come una figura giovane e bella, forza e leggerezza in un equilibrio perfetto, come nei grandi classici. Ma la figura porta incisa nel corpo una croce.

La croce scava la carne e penetra in profon dità nella materia, fa tutt’uno con il corpo: il Ri sorto è il Crocifisso. Croce e gloria inseparabili. Croce e Pasqua, i due volti dell’unico evento. Pa rafrasando Kant, si può dire che la croce senza la Pasqua è cieca, la Pasqua senza la croce è vuota. In quel corpo l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, indelebili ormai come l’amore.

Come ha scritto H.U. von Balthasar: « Io, co me Mediatore, ho forma di croce, la croce è den tro di me, io la porterò sempre. Io sono la croce, e chi è in me non può sfuggire alla croce. L’amore stesso ha forma di croce, perché tutte le strade s’incrociano tra di loro in essa. Perciò tu, Padre, all’uomo che allarga le braccia nell’amore, hai dato la forma della croce, affinché il mondo sia salvato nel segno del Figlio dell’uomo ».

Le tre letture del volume seguono la scansio ne temporale dei Vangeli e degli altri testi neo testamentari.

1. La mattina del primo giorno dopo il sabato: i « racconti del sepolcro vuoto », quando protago niste sono le donne, che si accostano con umiltà e coraggio all’ombra del mistero.

2. Il tempo che trascorre da quella mattina fino all’ascensione, vissuto attraverso l’esperienza dei discepoli, quando Gesù « si mostrò ad es si vivo dopo la sua passione ».

3. I giorni della prima comunità cristiana, gli anni della diaspora degli apostoli, del kérygma primitivo, dell’evento risurrezione che da me moria diventa un enunciato, una formula della trasmissione della fede che la Chiesa fa sua e che giunge fino a noi: « Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato. Vi ho trasmesso, dunque, quello che anch’io ho ricevuto: cioè che Cristo morì per i nostri peccati, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scrit ture, e che apparve a Cefa e quindi ai dodici » (1Cor 15,15).

Il percorso è compiuto sotto la guida di tre bi blisti affermati: Bruno Maggioni, Roberto Vigno lo, Franco Manzi. I loro testi, pensati per una se rie di incontri della Corsia dei Servi, mantengono lo stile proprio del linguaggio e della comunica zione orale. Le loro parole conducono con sicu rezza e sapienza attraverso uno dei guadi decisi vi della nostra fede.

Risurrezione di Cristo: storia o mitologia? È una ingenuità pensare di poter separare il Gesù storico dal Cristo risorto, e dire: il primo è verità, il secondo mitologia.

Se Gesù non fosse risuscitato, il suo insegna mento non sarebbe stato né ricordato né traman dato, non ci sarebbero i quattro Vangeli, non ci sarebbe stato l’apostolo Paolo, non sarebbe sta to scritto il Nuovo Testamento. Di Gesù, che non ha compiuto « gesta », ma solo offerto gesti e pa role, non sapremmo null’altro, forse, che il no me, come è successo per Teuda e Giuda il Galileo (At 5,3637).

In realtà, è solo grazie al Cristo risorto che il Gesù storico è giunto fino a noi.

ERMES RONCHI

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Bruno Maggioni

LE DONNE AL SEPOLCRO

BRUNO MAGGIONI è sacerdote della diocesi di Como dal 1955. Ha studiato teologia e scienze bibliche all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È do cente di esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teolo gica dell’Italia settentrionale di Milano e di introduzione al la teologia all’Università Cattolica di Milano. È autore di numerose pubblicazioni.

INTRODUZIONE

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La risurrezione di Gesù era al centro della fede dei primi cristiani. Leggendo i testi del Nuovo Testamento, infatti, si resta meravigliati della ricchezza e della varietà dei modi con cui se ne parlava. Tale varietà di modi mostra che la risurrezione penetrava e modellava tutte le ma nifestazioni della vita cristiana: la predicazione, il culto, la vita comunitaria, le scelte morali. Le co munità cristiane primitive hanno capito Gesù e se stesse parlando della fede nella risurrezione, e in questa fede hanno trovato il criterio per legge re le loro vicende e per operare le loro scelte.

La risurrezione di Gesù ha una sua specificità, che non permette di confonderla con altri mes saggi. Il primo dato specifico è che la risurrezio ne è per la fede un evento reale, obiettivo, av venuto e testimoniato. Non è un simbolo o una semplice speranza: Gesù è davvero entrato nella vita con tutta la sua realtà umana, spirito e corpo.

Evento reale, concreto, la risurrezione di Gesù è però diversa da tutti gli altri miracoli di risurrezione di cui parla il Vangelo. È un’assoluta novità. Diversa al punto che il termine « miraco lo » non sembra molto adatto a esprimerla: non solo, e non tanto, perché qui l’intervento di Dio è più grandioso, o più sorprendente, ma perché è nuovo e definitivo. La risurrezione di Lazzaro, per fare un esempio, è stata un ritorno alla vita di prima, quasi un cammino all’indietro: quella di Gesù è, invece, un cammino in avanti. Gesù è entrato nella pienezza della vita di Dio, in una di mensione del tutto nuova, nella gloria del Padre.

In questo contesto di realtà e novità si capisce (e si apprezza!) il fatto che i Vangeli ricordino che non sempre nelle apparizioni Gesù risorto veniva riconosciuto. Perché? È lui o non è lui? È lui e non è lui al tempo stesso! È realmente la sua persona, ma in un’esistenza nuova, con modalità totalmente diverse. In forza della sua assoluta no vità, la risurrezione di Gesù taglia corto su ogni immaginazione che pretendesse di descriverla. Non si può descrivere il mondo nuovo nel quale Gesù è entrato e verso il quale noi siamo incam minati. Il nostro linguaggio è del tutto inadegua to, e perciò non possiamo fare altro che alludervi, ricorrendo a espressioni, termini e immagini di sparate, come appunto si legge nel Nuovo Testa mento. Proprio per la sua grandezza e la sua no vità, si deve parlare della risurrezione di Gesù (e della nostra) in modo umile e discreto. Occorre arrestarsi alle soglie del mistero. Il credente è in vitato a non lasciarsi distrarre da inutili fantasie.

Leggiamo ora i racconti evangelici relativi al l’episodio delle donne al sepolcro, lasciandone emergere le diverse sottolineature, ma nella luce complessiva della novità di questo mistero. A ta le scopo mi riferirò sinteticamente a quanto ho già esposto nel mio libro di qualche anno fa, I rac conti evangelici della risurrezione.

MARCO 16,1-8

1E passato il sabato, Maria la Maddalena e Maria di Giacomo e Salome comprarono aromi per andare a imbalsamare Gesù. 2E al mattino presto, il primo giorno dopo il sabato, vengono al sepolcro al sorgere del sole. 3E dicevano fra loro: « Chi ci rotolerà via la pietra dall’entrata del sepolcro? ». 4E, guardando, vi dero che la pietra era stata rotolata via: era infatti molto grande. 5Entrate nel sepolcro, videro un giova ne seduto sulla destra, rivestito di una veste bianca, e rimasero impietrite dallo stupore. 6Ma quello dice lo ro: « Non state lì impietrite, cercate Gesù, il Nazare no, il Crocifisso: è risorto, non è qui. 7Ma andate, di te ai suoi discepoli e a Pietro: Vi precede in Galilea, là lo vedrete, come vi ha detto ». 8E uscite fuggirono dal sepolcro. Erano infatti spaventate e fuori di sé, e non dissero niente a nessuno: infatti avevano paura.

Il Crocifisso è risorto

Ciò che maggiormente viene sottolineato è lo stretto legame fra il Crocifisso e il Risorto. L’angelo della risurrezione non si limita ad annun ciare alle donne che Gesù è risorto, ma attira vo lutamente l’attenzione sul Crocifisso: « Gesù, il Crocifisso, è risorto ». Mantenere ferma l’identità fra il Crocifisso e il Risorto è essenziale. Perché la croce non è semplicemente l’icona di un martire qualsiasi, che è rimasto fedele a Dio sino a dare la vita per lui, ma è l’icona di un martire con un volto preciso: il volto di Gesù di Nazaret, appun to. Cioè il volto di un uomo che ha predicato un Dio diverso (e per molti scandaloso) e ha credu to di onorarlo con una prassi di vita diversa e per molti scandalosa. Questa diversità è stata la ra gione della sua condanna a morte, ma lui ha so stenuto che era, al contrario, la trascrizione più fedele del volto di Dio. La risurrezione è la prova che in quella diversità Dio si è riconosciuto. Da qualsiasi lato si osservino, la croce e la risurre zione si richiamano, illuminandosi vicendevol mente. La croce dice il volto nuovo del Dio rive lato da Gesù, e la risurrezione dice che Dio in quel volto si è pienamente riconosciuto.

Fra il modo degli uomini (anche religiosi) di pensare Dio e il modo di Gesù c’è, dunque, una radicale diversità. Questo è lo spazio per quella profonda conversione « teologica » a cui il cristia no è anzitutto (e continuamente) chiamato. Co lui che noi abbiamo rifiutato (la pietra scartata) è diventato la pietra angolare.

Se non si separa il Risorto dal Crocifisso, al lora si comprende anche un altro tratto specifico della risurrezione. È facile ridurre la risurre zione a una generica vittoria della vita sulla morte. Lo specifico cristiano scende più in pro fondità. Non ogni esistenza, infatti, è sottratta alla vanità, ma soltanto quella che ripercorre il cammino tracciato dal Crocifisso: solo una vita donata conduce alla risurrezione. Una vita gelo samente trattenuta non vince la morte, ma va incontro a una seconda morte. La risurrezione celebra la vittoria di un preciso modo di vivere.

Le sorprese delle donne

Marco sembra voler mettere in risalto anzitutto la sorpresa delle donne. Si può dire che esse passano di sorpresa in sorpresa, e la loro reazio ne è certamente di stupore, ma anche di disorien tamento, di paura, persino di incomprensione. La prima sorpresa è costituita dalla pietra ribaltata. Si dicevano lungo la strada: « Chi ci rotolerà via la pietra dalla porta del sepolcro? » (v. 3); ma, guardando, videro la pietra rimossa, benché fos se molto grande. La sorpresa è innegabile: il loro problema è superato dall’avvenimento, e appare così ridicolo!

Ma c’è una seconda sorpresa ben più grande: la presenza del messaggero celeste e il suo an nuncio. Egli dice alle donne che Gesù, il Croci fisso, è risorto. Una notizia sconcertante, si di rebbe la lieta notizia lungamente attesa, ma la reazione delle donne è di stupore, di meraviglia, di paura, nulla più. A questo punto si sorprende certamente anche il lettore. Avrebbero dovuto gioire, invece ammutoliscono. Marco sembra raccogliere qui tutto il vocabolario della paura: ekthambeîsthai (essere impietriti, paralizzati), trómos (spavento), ékstasis (fuori di sé), phóbos (paura). Sembra che Marco voglia dirci che l’uo mo non soltanto ha paura della croce, ma anche di fronte all’evento che la capovolge e la trasfor ma in vita e gloria resta stupito, immobile, come se non riuscisse a crederci. Per fortuna, di fronte al disorientamento delle donne c’è la fiducia del Signore che affida a loro proprio a loro il grande annuncio: « Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Vi precede in Galilea, là lo vedrete, co me vi ha detto » (v. 7).

La missione

Le parole del messaggero celeste non sono soltanto informazioni, ma ordini: « andate », « dite » sono due imperativi missionari. Ma per andare e dire occorre prima vincere la paura che paralizza: « Non abbiate paura ». Una paura che le donne non hanno saputo superare: per questo fuggono invece di dire, e restano in silenzio in vece di annunciare.

Alle donne è affidato un messaggio che non ri guarda direttamente l’evento della risurrezione, ma la fedeltà di Gesù verso i discepoli: « Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete, come vi ha detto » (v. 7). Il riferimento è alla profezia fatta da Gesù nell’imminenza della sua passione (14, 2728). Una profezia a due facce: l’abbandono dei discepoli (« tutti rimarrete scandalizzati e vi disperderete ») e la fedeltà di Gesù (« ma dopo la mia risurrezione vi precederò in Galilea »). E di fatti Gesù, appena risorto, pensa ai discepoli che lo hanno lasciato solo. Lo hanno abbandonato, ma per lui sono sempre i « suoi » discepoli.

La risurrezione è il trionfo della fedeltà: del Padre che non abbandona Gesù nella morte, e di Gesù che non abbandona i discepoli nella di spersione. Fosse stato per la fedeltà dei discepo li, la storia di Gesù si sarebbe subito chiusa. E fosse stato per le donne, sarebbe caduta nel si lenzio. È unicamente la fedeltà del Signore che la mantiene aperta.

MATTEO 28,1-8

1Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria vennero a guardare il sepolcro. 2Ed ecco ci fu un gran terre moto: infatti un angelo, disceso dal cielo e accosta tosi, fece rotolare la pietra e vi sedette sopra. 3Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. 4Per paura di lui le guardie furono scosse e divennero come morte. 5Ma l’angelo rispo se alle donne: « Non abbiate paura voi. So che cer cate Gesù il Crocifisso. 6Non è qui, è infatti risorto, come aveva detto. Venite, guardate il posto dove giaceva. Presto, andate a dire ai suoi discepoli che è risuscitato dai morti, ed ecco vi precede in Galilea. Lì lo vedrete. Ecco, ve l’ho detto ». 8E partite in fret ta dal sepolcro, con timore e gioia grande, corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli.

Nella versione di Matteo le donne, che di buon mattino vengono al sepolcro, sono due, non tre. E non vengono per imbalsamare Gesù, ma sem plicemente per visitare la tomba (il verbo greco è theoreîn, vedere, guardare, soffermarsi).

Una teofania

Molti tratti trasformano l’evento in una teofania: ci fu un gran terremoto, il personaggio cele ste è un angelo, le sue vesti sono bianche come la neve, il suo aspetto è come la folgore. Sono tratti teofanici, che significano che la risurrezio ne di Gesù è una manifestazione di Dio dentro la storia dell’uomo.

Viene notata l’apertura del sepolcro (la pietra rotolata via) e viene detto che il sepolcro è vuoto (il luogo dove era deposto), ma la risurrezione co me tale non è descritta. Nelle teofanie si vede ciò che circonda o accompagna l’azione di Dio, ma non l’azione stessa. Il mistero di Dio resta intatto.

L’angelo

L’angelo del Signore non discende dal cielo per risvegliare Gesù o per condurlo fuori dal sepolcro, ma semplicemente per far rotolare via la pietra e per mostrare alle donne il sepolcro vuo to. Non apre il sepolcro perché Gesù esca. È già uscito. Lo apre per mostrarlo alle donne: « Veni te, guardate il posto dove giaceva » (v. 6).

La prima funzione dell’angelo è di spiegare alle donne il significato di ciò che vedono. Le tracce di Dio nel mondo richiedono sempre una « parola » che le interpreti. Per comprendere pie namente il segno occorre una rivelazione: non, certo, una rivelazione che trasfiguri il segno, bensì una rivelazione che apra gli occhi di chi guarda. Non basta che le donne vedano che il se polcro è vuoto. L’assenza del cadavere deve es sere spiegata, e lo fa l’angelo.

E qui si innesta la seconda funzione dell’an gelo: invitare le donne a cambiare la direzione del loro sguardo e della loro ricerca: « So che cercate Gesù il Crocifisso. Non è qui, è infatti ri sorto, come aveva detto » (vv. 56). Le donne so no venute per « vedere » una tomba, un vedere che naturalmente non è una pura curiosità, ben sì una ricerca (come appunto dice l’angelo) e un affettuoso desiderio di mantenere viva la memo ria del loro Signore. Ma l’angelo invita le donne a cercare altrove e a guardare altrove: « Non è qui ». Non è il sepolcro vuoto che rende plausi bile la risurrezione, ma è piuttosto la risurrezio ne che rende plausibile che il sepolcro sia vuoto.

« Come aveva detto », ricorda l’angelo alle donne. È un invito a guardare la vita che Gesù havissuto e le cose che ha detto. È proprio qui che bisogna guardare se si vuole capire. Nulla di stra no se Gesù è risorto. Non l’aveva già detto? La vita di Gesù aveva in sé la promessa della risur rezione. Una vita come la sua non poteva essere abbandonata da Dio alla morte! Gesù è risorto proprio perché è stato crocifisso.

Le donne e le guardie

La manifestazione di Dio ha due esiti contrastanti. Spaventa (phóbos) le guardie lasciandole nella loro incredulità. Di fronte alla risurrezione di Gesù, che è vittoria sulla morte, le guardie cadono come morte, inerti come un cadavere (nekrós). I segni della manifestazione di Dio (il terremoto e l’angelo) le chiudono alla verità. Matteo dà molta importanza al tema delle guardie (27,6266; 28,4.1115), facendone una presenza centrale nei racconti della risurrezione. Sono la figura dell’in credulità e, al tempo stesso, della menzogna, alla quale spesso l’incredulità è costretta a ricorrere. Non accettando i fatti nel loro vero significato, l’incredulo spesso è costretto a manipolarli.

I segni di Dio sorprendono e spaventano an che le donne (anche per loro si parla di paura) aprendole però alla fede. Le donne rappresenta no la figura della fede, precisamente di una fede che accetta di convertire il proprio modo di guar dare e di cercare. Queste donne vengono, si spa ventano, guardano, gioiscono, corrono.

Nel racconto di Matteo le donne sono silen ziose e le possiamo immaginare chiuse nel loro dolore. Vengono al sepolcro per una visita, non per qualcosa da fare. A muoverle è semplicemen te l’affetto: per loro il Crocifisso è una persona. E se il loro cammino di andata è come vuoto e si lenzioso, privo di ogni dettaglio, il cammino di ri torno è invece ricco di precisazioni: partono in fretta, corrono, piene di gioia. La fretta dell’an gelo (« presto, andate ») diventa la fretta delle donne: per indicare ambedue le frette viene usa to lo stesso avverbio (tachý). L’annuncio è ur gente e la notizia non tollera indugi. Ma a far cor rere le donne contribuisce certo anche la gioia: chi è triste cammina lento e pensieroso, chi è pieno di gioia corre.

LUCA 24,1-11

Il primo giorno della settimana [le donne] si re carono alle prime luci dell’alba al sepolcro per por tare gli aromi che avevano preparato. 2Trovarono la pietra rotolata via dalla tomba e, 3entrate, non tro varono il corpo del Signore Gesù. 4Non sapevano spiegarsi questo fatto, ma a un tratto apparvero loro due uomini in abiti splendenti. 5Mentre, colte dallo spavento, tenevano la faccia chinata, essi dissero: « Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? 6Non è qui: è risorto. Ricordatevi quanto vi disse quando era ancora in Galilea: 7Il Figlio dell’uomo deve esse re consegnato nelle mani degli uomini peccatori, essere crocifisso e il terzo giorno risorgere ». 8E si ri cordarono delle sue parole. 9E tornate dal sepolcro, annunciarono tutte queste cose agli undici e a tutti gli altri. 10Erano Maria Maddalena e Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano con lo ro dicevano queste cose agli apostoli, 11ma queste parole parvero loro una chiacchiera vana e non cre devano loro.

« Colui che è vivo »

Nel racconto delle donne al sepolcro Luca in troduce accanto a piccole varianti che non ri chiedono necessariamente una speciale spiega zione almeno tre modifiche che rivelano il suo interesse teologico. Sono tutte concentrate nelle parole degli angeli alle donne (vv. 5b7). Intro duce un esplicito richiamo alle predizioni della passione. Accenna alla Galilea, ma sembra poi collocare tutte le apparizioni nei dintorni di Ge rusalemme. E per indicare la condizione del Ri sorto utilizza un’espressione diversa da Matteo e Marco (« Colui che è vivo »).

Diversamente da Marco, sono le donne che constatano che la tomba è vuota: « Entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù ». Le appari zioni degli angeli vengono dopo. Il peso del rac conto non cade sulla tomba vuota, ma sul Ri sorto. Di fronte al sepolcro vuoto non nasce la fede, ma la perplessità. Occorre una rivelazione dall’alto perché nasca la fede. I messaggeri cele sti sono due, non uno; ma si tratta di una differenza di dettaglio irrilevante, che può spiegarsi con le disavventure inevitabili cui va incontro una tradizione orale. Di fronte all’apparizione dei « due uomini in abiti splendenti », comun que, la reazione delle donne è di paura. Forse però il gesto di « chinare il capo » dice più il ri spetto che la paura.

La rivelazione degli angeli è intelligentemente formulata come un interrogativo: « Perché cer cate tra i morti Colui che è vivo? ». La rivelazio ne di Dio richiede sempre una risposta da parte dell’uomo. Non è mai una parola che si ascolta e basta: chiede un’accoglienza. Forse la domanda degli angeli nasconde anche un leggero rimpro vero e qualche ironia: le donne cercano fra i morti Colui che è vivo! « Vivente » non significa tornato alla vita di prima, ma entrato nella vita di Dio. La risurrezione non è un atto, ma uno stato, una condizione permanente.

« Ricordatevi »

La funzione dell’apparizione angelica non è di offrire alle donne una rivelazione del tutto nuova e inattesa, ma di far affiorare alla loro memoria qualcosa che vi era già deposto. C’è un’ombra di rimprovero nelle parole degli angeli. Le donne avrebbero dovuto « ricordare » e, quindi, capire. Per aprirsi alla risurrezione non basta la consta tazione del sepolcro vuoto, né basta la visione personale degli angeli: occorre la « memoria ».

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