Sacramenti vivi dell’amore di Dio
La prima lettura di oggi ci racconta la storia di Amos, un uomo comune che è chiamato da Dio ad essere profeta. Prima di allora, Amos, se ne stava tranquillamente a pascere il suo gregge e a badare ai suoi sicomori Ora, però, viene mandato a predicare in mezzo a un popolo talmente corrotto dalle proprie ricchezze, risorse e pretese da non riuscire più a scorgere il volto di Dio nei poveri, nei deboli e nei malati, per i quali nutre solo disprezzo.
Come Amos, i discepoli di cui leggiamo nel Vangelo sono persone ordinarie. Nessuno di loro, nemmeno lo stesso Gesù, è un rabbino istituzionalmente ordinato o investito, eppure, essi sono chiamati e incaricati di predicare e guarire.
Per il Vangelo di una proclamazione semplice e sincera, senza alcuna ricercatezza. Nel predicare, i discepoli devono farsi fratelli e sorelle di coloro a cui hanno il coraggio di portare l’annuncio.
Potremmo quindi ravvisare un richiamo a non sentirci superiori rispetto a coloro che ascoltano il nostro annuncio.
Le troppe ricchezze, i beni in eccesso, così come una certa altezzosità boriosa possono facilmente intralciare la proclamazione del Vangelo. Papa Francesco mette spesso in guardia i sacerdoti e i seminaristi contro il clericalismo (con quel senso di superiorità verso tutti) e il carrierismo (l’intento, cioè, di farsi strada nel mondo ecclesiale piuttosto che pensare alla propria missione).
Non tutti riusciranno a comprendere e ad accogliere il messaggio dei discepoli, proprio come la gente di Nazareth non riuscì a cogliere la presenza di Dio nella persona di Gesù. Ma non c’è alcuna punizione eclatante, non scende giù il fuoco dal cielo. Sebbene addolorato, meravigliato ed esterrefatto, Gesù non risponde con violenza.
Piuttosto, intensifica e dilata la sua missione inviando i discepoli in altri luoghi. Laddove c’era solo Gesù, ora ci sono altri Dodici che diffondono la Buona Novella e la sua forza risanante. I discepoli sono chiamati a proclamare l’amore di Dio e non l’ira di Dio.
Coloro che sono chiamati a scorgere il volto di Dio in se stessi, negli altri e nel mondo circostante sono persone ordinarie, come te e me, e non solo quanti ricevono un incarico formale dalla Chiesa. Cerchiamo di non smarrirci dietro la ricchezza e il potere, in quell’alterigia che così facilmente ci rende ciechi alla presenza di Dio. Cerchiamo di essere persone che diventano sacramenti della presenza di Dio l’uno per l’altro, persone che permettono a Dio di consacrare il suo popolo con atti di amore, compassione, speranza e guarigione.
Riflessione tratta dal sussidio dei Carmelitani di Australia e Timor-Leste
Mongolo1984, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons