Ha senso un gruppo #Facebook per una #parrocchia?

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Facebook è il social network più utilizzato nel mondo occidentale. Quando vi accediamo dal nostro computer – ma sempre più spesso dal telefonino – vediamo scorrere lungo la nostra bacheca un gran numero di contenuti. Spesso non ci domandiamo neppure più perché li vediamo: se sono stati condivisi da alcuni dei nostri contatti, se pubblicati da una pagina alla quale abbiamo messo “mi piace” chissà quanto tempo addietro, o se sono stati invece “postati” dentro un gruppo al quale siamo stati inseriti.

Se vogliamo utilizzare Facebook per la nostra pastorale occorre però tener ben presente la differenza.

Su Facebook, grossomodo, ci sono tre grandi modalità di farsi sentire presenti:

  1. Il profilo personale, che rappresenta univocamente una persona in carne e ossa, con nome, cognome, amicizie…
  2. La pagina Facebook, una presenza pubblica, raggiungibile da chiunque, alla quale si dà un “mi piace” per riceverne gli aggiornamenti.
  3. E infine, il gruppo Facebook, uno spazio “chiuso” e protetto dentro le quali le persone, opportunamente selezionate all’ingresso, possono scambiarsi contenuti e intrattenersi in discussioni.

Facebook non ha inventato niente di nuovo, ma si è limitato a traslare nel “continente digitale” relazioni e situazioni che conosciamo molto bene nella vita “analogica”, quella “in carne e ossa”.

Pensiamo dunque alle nostre parrocchie:

  1. Il profilo personale siamo noi, laici, religiosi o sacerdoti, che ci muoviamo, dialoghiamo e operiamo per i nostri ambienti “mettendoci la faccia”.
  2. La pagina Facebook di una parrocchia ci può ricordare invece la bacheca fuori dalla chiesa o il notiziario settimanale: uno strumento di comunicazione “ufficiale” e “impersonale” che parla però a nome della comunità intera.
  3. Infine, il gruppo Facebook è una sala del nostro oratorio adibita alle riunioni: sappiamo benissimo chi è dentro e chi è fuori, chi sta parlando e chi no. Anche qui ciascuno “ci mette la faccia” ma lo fa in un ambiente protetto e controllato. Questa sala riunioni può essere piccola, frequentata solo da pochissime persone che lavorano per un obiettivo ben preciso oppure può essere una stanza enorme frequentata da tutti i parrocchiani.

Ovviamente, queste tre modalità diverse non sono divise in compartimenti stagni, ma si mescolano in continuazione: proprio come il notiziario settimanale viene portato casa per casa nella cassetta della posta da persone in carne e ossa, così i contenuti di una pagina possono essere condivisi dai profili personali o inseriti nei gruppi.

Ma cosa può succedere dentro un gruppo parrocchiale?

Ci possiamo pubblicare il notiziario o gli ultimi aggiornamenti di “natura pratica”, come gli orari di un evento o l’improvvisa cancellazione di un incontro. I responsabili dei diversi gruppi parrocchiali potrebbero – con il loro profilo personale – annunciare eventi o decisioni. Dentro il gruppo, però, si possono anche raccogliere pareri da parte di una cerchia selezionata di persone sulla festa patronale, oppure fare gli auguri a un volontario che compie gli anni. Molto, però, dipenderà dall’intraprendenza dei componenti e soprattutto degli “animatori” del gruppo, qualche volontario un po’ più pratico dei mezzi di comunicazione digitale che possa aiutare a fare un po’ d’ordine…

Dunque… tornando alla domanda iniziale: ha senso un gruppo Facebook per una parrocchia?

Sì, può avere senso…

  1. Se possiamo contare su un bel gruppo “propulsore” di parrocchiani molto presenti sui social che vogliano mettersi in gioco “trascinando” gli altri facendo crescere numericamente il gruppo.
  2. Se vogliamo puntare sulle relazioni tra parrocchiani, o tra alcuni di essi, come spinta propulsiva per la diffusione dei nostri contenuti “anche ufficiali” sfruttando l’effetto passaparola.
  3. Se ci interessa, magari in una fase iniziale, rafforzare le relazioni interne prima di uscire “ad extra”.

Accanto a tutto ciò, c’è 1una grande variabile di cui non possiamo non tener conto: la modalità di funzionamento di Facebook cambia continuamente.

All’inizio del 2018 il social network ha modificato radicalmente la proporzione dei contenuti che vediamo dentro le nostre bacheche.

Ve ne sarete accorti: da un giorno all’altro le pagine alle quali avevate cliccato “mi piace” sono sparite dai vostri schermi, mentre è aumentata esponenzialmente la presenza di post e condivisioni dei vostri amici o dei gruppi di cui fate parte.

Questa mossa, ufficialmente pensata per combattere le fake news, in realtà va a penalizzare le pagine che erano viste da un gran numero di persone e che, per la loro natura informativa e puntuale, generavano poche “interazioni” come “mi piace” e “condivisioni”, lasciando più spazio agli inserzionisti che pagano per pubblicare i loro annunci nelle nostre bacheche.

In questo scenario, dunque, un gruppo Facebook ci permette di “recuperare il terreno perduto” nel gioco degli algoritmi, senza per questo abbandonare la pagina, che resterà un prezioso presidio dell’identità pubblica della nostra parrocchia.