Gesù insegna con autorità
Gesù all’inizio della sua vita pubblica, giunto a Cafarnao di sabato, entra “subito” nella sinagoga e insegna. L’avverbio di tempo “subito”, utilizzato dall’evangelista Marco, indica una un’immediatezza, un’impellenza, ma anche una prontezza da parte di Gesù, una sorta di inquietudine, quasi obbedisse a un comando interiore, a una forza segreta che lo spinge a insegnare commentando la Legge e i Profeti ai suoi fratelli riuniti in preghiera.
L’insegnamento di Gesù suscita stupore nei presenti, “egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi”. L’evangelista Marco non dice nulla del contenuto dell’insegnamento di Gesù, osserva invece la reazione di chi lo ascolta che è di stupore, di meraviglia, di sorpresa. Ma tale stupore non viene da ciò che Gesù insegna ma da come insegna, “come uno che ha autorità”. Nei Vangeli l’exousia è la singolare autorità di Gesù nelle parole e nei gesti, ma soprattutto nell’insegnamento.
Questa autorità Gesù non la riceve dagli uomini (non ha ricevuto nessuna investitura istituzione da parte dei capi religiosi), è un’autorità che gli viene da ciò che lui è. L’autorevolezza dell’insegnamento di Gesù non è data da una sua capacità umana, non l’ha ricevuta dai maestri della Legge, non è il risultato di studi fatti, ma è la prima e più evidente rivelazione di ciò che Gesù è: la parola di Dio fatta carne. L’insegnamento di Gesù porta in sé le qualità della Parola di Dio che l’autore della Lettera agli Ebrei così descrive: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino a dividere anima e spirito, giunture e midolla, e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12).
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Quanti erano presenti nella sinagoga di Cafarnao erano stupiti perché il suo insegnamento non era una dottrina astratta, accademica, lontana dalla vita delle persone. Gesù sapeva rendere il messaggio delle Sante Scritture una parola viva capace di dare vita; una parola efficace che genera, crea e trasforma chi l’ascolta; una parola penetrante che raggiunge l’intimo delle persone, li tocca nel più profondo di loro stessi; una parola che va diritta al cuore e porta l’ascoltatore a scrutare i propri sentimenti, gli affetti, le emozioni, e a far discernimento dei pensieri del proprio cuore.
Per questo Gesù ha autorità, “non come gli scribi”, la casta di coloro che sono legittimati a insegnare. Perché è diverso dall’insegnamento degli scribi? Agli occhi della gente gli scribi sono senza autorità perché non vivono ciò che insegna, sono semplici ripetitori di una parola che non fa un tutt’uno con la loro vita. Hanno autorità istituzionale ma per il popolo di Dio sono senza autorità. Di loro Gesù dirà: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno” (Mt 23,3).
Gesù, invece, fa quello che dice e dice quello che fa. Parla di liberazione e libera davvero, liberando l’uomo posseduto da uno spirito impuro presente nella sinagoga. La novità del suo insegnamento è in azione ed è la liberazione. La sua autorità sta nel fatto che non si limita a parlarne: la realizza, libera davvero le persone da ciò che le ostacola e impedisce loro di vivere. “Taci, esci da lui! E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, usci da lui”. Ecco la sua autorità e l’efficacia della sua parola di vita: ridà vita piena alle persone liberandole dal male.
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“Taci”: la parola di Dio mette a tacere il male. “Esci da lui”: Gesù entrato nella sinagoga ordina al male di uscire dall’uomo.
A cura di Goffredo Boselli.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi