I poveri di cui ci parla oggi Gesù non sono solo dei “poveri” in contrapposizione ai “ricchi”. Mentre ricchi sono quelli che hanno il tanto superfluo con poca fatica, poveri sono quelli che hanno il poco necessario con molta fatica.
Il termine greco indica proprio gli “indigenti”, quei poveri che mancano del necessario e che sono ancora ad un livello inferiore. Mentre i poveri, anche se poco, hanno qualcosa, costoro non hanno niente: sono nullatenenti. Non avendo concretamente nulla, essi, per quanto si diano da fare, resteranno sempre con nulla, e non potranno che vivere di dipendenza e di sottomissione.
Sono poveri reali che hanno fame e piangono. La loro beatitudine consiste nel fatto che Dio interviene in loro favore, perché è suo dovere difendere il povero. Infatti Dio è padre e ama tutti i suoi figli: il suo amore, non i loro meriti, lo fa intervenire in loro favore. Dobbiamo comprendere che l’amore si misura non dal merito ma dal demerito, non dall’amabilità ma dalla non amabilità, non dalla qualità ma dal bisogno. Diversamente non se ne capisce la sorgente, che è il cuore di Dio Padre, che ama ciascuno secondo il suo bisogno. I poveri sono quelli che, per definizione, sono nel bisogno. Per questo Dio interviene.
E se guardiamo bene nella nostra vita anche accanto a noi ci sono tanti “più che poveri” di cui spesso, anche noi, ci dimentichiamo.
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