Giovani di Parola – Commento al Vangelo del 6 Giugno 2023

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Gli ebrei dovevano per legge pagare un tributo all’imperatore di Roma: non pagarlo significava mettersi contro la strapotenza di Roma, pagarlo poteva essere interpretato come una perdita di fede nel Messia che avrebbe liberato il popolo d’Israele.

Ora, attraverso la risposta di Gesù possiamo accorgerci di un dettaglio interessante della logica di Dio che, pur essendo proiettato dalla e nell’Eternità, è sempre profondamente incarnato nella realtà che viviamo, nel tempo e nello spazio che occupiamo. A Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio.

Se rendessimo solo a Cesare e dimenticassimo Dio, l’amicizia con Lui potrebbe ridursi a mera formalità, ci accontenteremmo di compromessi del tipo “credo, ma non pratico” o relegheremmo Dio ad una una fase “ormai superata” della nostra storia umana e personale; se invece, rendessimo solo a Dio e niente a Cesare, inteso in senso lato come i doveri che ci toccano quotidianamente, le sfide della società in cui viviamo, gli appelli della realtà che abitiamo (a partire da quelli apparentemente più piccoli e insignificanti), anche la nostra fede ne risentirebbe: pian piano perderebbe consistenza, si ridurrebbe a belle parole che celano ipocrisia, non molto diverse da quelle dei farisei che cercano di incastrare Gesù, ma…

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Una strada c’è: per percorrerla, qualcuno di nostra conoscenza ci consiglia di camminare con i piedi per terra e il cuore in cielo.

✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mc 12,13-17

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