Il mondo di oggi non ama parlare di peccato. Il sacramento della confessione rimane sempre un sacramento “fastidioso” perché ci costringe a mettere disinfettante sulla ferita. E se l’effetto è quello di disinfettare in vista di una guarigione, dobbiamo però anche dire che brucia.
Noi non vorremmo mai sentire il dolore di una ferita, preferiamo trovare il modo di coprirla, dimenticarla, nasconderla, ma quasi mai troviamo il coraggio di esporla perché sia disinfettata e guarita. Il bello (o il brutto) è che ci riusciamo anche, ma gli effetti del peccato solitamente diventano infelicità per il peccatore, paralisi della sua volontà, incapacità a sentire il gusto.
La felicità di una persona dipende da quanto quella vita è libera da tutto ciò che potrebbe ucciderla, fermarla, oscurarla. Il peccato ne è la causa principale, perché il peccato è un male che non solo fa il male ma ci fa male.
Quando ci confessiamo, dopo l’assoluzione andiamo via pronti a riprendere la nostra vita con uno slancio tutto nuovo (prendi il tuo letto e va a casa tua) ma essendo consapevoli del nostro vissuto.
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