Gesù entra nella casa dei farisei. Qui lo si osserva, lo si scruta, si soppesa ogni sua azione aspettando di coglierlo in fallo. Anche a noi ogni tanto capita di guardare alla vita come fanno i farisei: vediamo solo le cose che non vanno e ci aspettiamo il male dall’altro.
Questo accade solo in momenti in cui non ci troviamo in comunione con gli altri e con Dio. Tutti sono in grado di pensare e parlare male, perché se si nota qualcosa di brutto non si teme di renderlo peggio di com’è; è nel trovare il bello che si dimostra vero coraggio.
Gesù ci insegna che per superare questo limite, per riuscire a vedere oltre la banalità del male non bastano i precetti: dobbiamo scendere in campo attivamente e imparare a servire. Egli guarisce un uomo malato. La malattia, il “difetto” è solo un aggettivo: Luca ci descrive come Gesù guardi prima all’umanità di ognuno di noi.
Il processo di guarigione non è una mera pratica medica asettica: ”Egli lo prese per mano”. Ancora una volta. Gesù ci spiega come fare: ogni giorno bisogna mettersi in gioco per servire e farlo sempre amando, amando, amando con tutto il cuore!
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