Certo che questo uomo ricco fino alla fine rompe le scatole. Non si dà pace, vuole dettare lui le regole, in tutto e su tutto. È come un figlio adolescente e viziato che non si accontenta mai.
Vuole sempre di più, tutto e subito, tutto a sua disposizione, senza però andare in profondità nelle cose, nella realtà che lo circonda, nella sua esistenza, nelle persone e nelle relazioni.
Una vita però anonima, di quest’uomo non conosciamo né il nome né l’identità, c’è nessun amore riconosciuto e nessun amore che lo riconosce a sua volta. Chissà se almeno in qualche piccolo istante si sia reso conto che tutto aveva un sapore apparente, che la vita diventava sempre più insipida e arida. Chissà.
Ciò che è certo però è che possiamo essere noi quei fratelli da ammonire severamente. Quando diventiamo superficiali, quando non alziamo lo sguardo dal nostro ombelico, quando pensiamo che tutto ci è dovuto.
Quando ci dimentichiamo chi siamo, quando non diamo nome alle nostre povertà, quando perdiamo di vista le povertà che ci circondano, che ci interpellano, che ci chiamano, che scuotono il nostro cuore, che lo rendono attento e sveglio, che ci ricordano il nostro nome di figli amati, che ci ricordano che tutto ci è donato e che tutto siamo chiamati generosamente a donare.
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