Quando accendiamo l’interruttore della luce in camera non ci facciamo più caso, ma è grazie a quella luce che non sbattiamo contro l’armadio o il comodino o la sedia piena di vestiti che ancora non abbiamo messo in ordine… quella luce strappa le cose al buio e ne definisce il contorno. Non accendiamo la luce per guardare la luce stessa, ma per guardare con chiarezza tutto ciò che c’è intorno.
Il candelabro infatti non fa luce per sé, fa luce a chi entra. Un po’ di anni fa il giorno del Battesimo abbiamo ricevuto una candela accesa, un simbolo che ci ricordasse per tutta la vita che, una volta diventati Figli di Dio, diventiamo automaticamente e senza passare dal via, luce del mondo. Ma se guardiamo alla nostra vita ci accorgiamo che questa luce qualche volta sembra non accendersi, non siamo immuni dall’oscurità, in noi spesso troviamo ciò che è ben distante dall’essere la luce di un candelabro.
Tante volte la trascuriamo, la riponiamo sotto il letto proprio per paura che qualcuno la veda, ma così non ci rendiamo conto che ci stiamo andando a perdere, che quella luce se non fa ciò per cui esiste, alla fine si spegne. Eppure finché può, resiste e riacquista vigore, fa luce proprio su ciò che teniamo nascosto, sulle nostre vulnerabilità, sulle nostre paure, su tutto quello che ci tiene a distanza di sicurezza dal mondo e da chi lo abita insieme a noi.
Signore, mantieni accesa la luce che ci hai dato perché tutto venga in piena luce in noi e fuori di noi.
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