In Sicilia, quando si vuole sapere qualcosa di una persona che non si conosce, generalmente si chiede: “Chisso a cu appartene?”, che tradotto letteralmente significa: “Questa persona a chi appartiene, di chi è figlio?”
Appartenere a qualcuno significa essere di qualcuno, non nel senso di ossessivo possesso ma nel senso di identità. Sapere di chi sono, mi aiuta infatti a sapere chi sono e per chi sono.
A ben pensarci, ogni essere umano, per sapere chi è, ha bisogno di sapersi figlio, di sapersi di qualcuno, di sapersi amato, accompagnato, protetto. Senza questa appartenenza/identità ciascuno si troverebbe a vagare solo ed a perdersi per le impervie vie del mondo.
Appartenere a qualcuno, dunque, significa essere qualcuno ed avere un luogo abitato in cui abitare e qualcuno da cui tornare, qualcuno che per me, per la mia vita, sarebbe disposto a tutto, anche a dare la vita.
Ciò che distingue il buon pastore dal mercenario è proprio l’appartenenza.
La sfida più grande che questa IV domenica di Pasqua ci mette innanzi è quella di essere consapevoli che non siamo soli e che quel desiderio di appartenenza che ogni uomo nutre nel cuore è già realtà. Noi tutti apparteniamo al buon pastore e quel buon pastore è Gesù Cristo che per noi ha già dato la vita senza che nessuno glielo imponesse, solo per amore. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).
E tu a chi appartieni?
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