Leggendo questo Vangelo, un po’ forse ci viene da pensare che la fa facile Gesù. Come si fa a non opporsi a chi ti dà uno schiaffo (la maggior parte delle volte non fisico)? Come si arriva ad amare chi ti perseguita? Possiamo già escludere che sia merito solo delle nostre forze o della nostra volontà, perché sfido chiunque a starsene zitto e buono davanti a qualcosa o qualcuno che gli fa del male o fa del male senza esplodere sul momento o dopo aver trattenuto a lungo.
Per amare in maniera libera, senza aspettarsi nulla, prendendosi pure qualche schiaffo, servono due cose: memoria e tempo. Memoria perché se noi ricordiamo chi siamo, a chi apparteniamo (figli di Dio) e se abbiamo fatto esperienza di qualcuno che ci ha amato/ci ama nel profondo senza fare nulla per meritarcelo, riportare alla mente e al cuore tutto questo ci aiuta a fare quel salto in più: dall’amare chi è naturale amare, all’amare chi mai avremmo pensato di amare.
Tempo perché questo non accade da un giorno all’altro e non decidiamo noi il momento in cui saremo capaci di amare così, ma ogni giornata, che ci sia il sole o la pioggia, è il luogo per imparare, sbagliare e riprovare. La perfezione a cui ci chiama Gesù infatti non indica una vita senza errori, senza cadute, ma una vita che nonostante gli errori e le cadute, raggiunge il suo compimento (diventa cioè “perfetta”, compiuta) nel donarsi al prossimo, chiunque esso sia.
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