La memoria della morte è sicuramente qualcosa che ci spaventa e che ci paralizza: vivere con la prospettiva che ad un certo punto tutto finirà può gettarci nell’angoscia. Ma questo ricordo della morte può anche diventare un profondo esercizio di introspezione.
Se sapessimo che non ci resta molto da vivere, magari inizieremmo a fare scelte drastiche, ad amare più profondamente e a perdonare più facilmente. In questo vangelo, Gesù ci suggerisce anche che, nei momenti più critici, la misericordia divina si fa sempre presente, dando una nuova opportunità a chi sa accoglierla, come accaduto a Noè e Lot.
Anche noi, quindi, dobbiamo imparare a saper discernere le cose realmente importanti da quelle futili, per aprirci alla novità che il Signore vuole regalare alla nostra vita. In questo può esserci di aiuto la pratica della buona morte che Don Bosco suggeriva ai suoi giovani, chiedendogli di fermarsi una volta al mese per meditare sulla propria vita spirituale, confessarsi e fare la comunione, come se da lì a poco dovessero realmente morire, per essere preparati al meglio a quello che sarà.
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