Ieri Gesù diceva a coloro che lo ascoltavano: “Beati siete quando vi odieranno gli uomini e quando vi escluderanno, e insulteranno e bandiranno il vostro nome come cattivo a causa dei Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno e danzate”; oggi, in un crescendo, chiede di amare i nemici, fare il bene, bene-dire e pregare per loro. Saper essere allegri quando le cose vanno storte è difficile ma il pensiero di amare chi ci fa del male sembra un’impresa spropositata. Eppure Gesù ci dice che questa è la verifica se realmente siamo da lui perché l’amore del nemico è il nocciolo pratico del cristianesimo, che altrove si esprime come “perdono”. È un amore di misericordia che sa perdonare tutto e farsi carico di ogni lontananza. È un amore “ricreatore”: non solo fa il bene dove non c’è, ma addirittura dove c’è il suo contrario, ed è capace di creare valore e bontà dove c’è disvalore e cattiveria.
Amare il proprio nemico significa odiare l’inimicizia e il peccato. Gesù ama i peccatori perché odia il peccato e conosce il male che ne deriva al malfattore, prima vittima. Noi al contrario ci adiriamo col malfattore e lo odiamo, perché siamo suoi conniventi e concorrenti: amiamo il male e non conosciamo il bene. Non perdonare e non amare il nemico significa non avere ancora conosciuto il perdono e la salvezza.
Sarò in grado, poco per volta, di amare il mio nemico solo se avrò preso coscienza che Dio mi ha amato “per primo” e ha dato per me suo Figlio.
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