L’immagine agricola che ci viene presentata nel Vangelo di oggi è molto particolare. Intanto, è curioso notare che “tralcio” in italiano indica anche una porzione di cordone ombelicale: questo rende ancora di più l’idea di quanto noi e questa vite siamo legati, di quanto sia “viscerale” questo legame. Poi ci viene detto che se un tralcio non porta frutto, viene tagliato e se un tralcio porta frutto? Viene potato.
In ogni caso quindi un taglio ci dev’essere. Ricercando un po’ di notizie botaniche si scopre che con il giungere della primavera, avviene un fenomeno chiamato il “pianto della vite”: dalle ferite di potatura dell’inverno fuoriesce della linfa e dato che la pianta sa che ha sofferto i bruschi tagli di potatura dei tralci va a “curare” queste ferite, che così si cicatrizzano.
20-30 giorni dopo la fase del “pianto”, la vite comincia a germogliare. È un po’ quello che succede con le nostre ferite, con i nostri “tagli di potatura”. Anche la vite stessa ne soffre, ma da quelle ferite che ci portiamo fuoriesce della linfa, una nuova energia vitale che a suo tempo, sarà necessaria per germogliare, per far emergere qualcosa di bello in noi e nella storia che intrecciamo con la vite e gli altri tralci.
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