Un brano di Vangelo un po’ complicato, vero. Il fatto è che con questa parabola il Signore vuole dire un bel po’ di cose, tra le tante, la fine che gli avrebbero fatto fare di lì a poco quegli stessi farisei e capi dei sacerdoti. Una fine quindi forse già intuita o che comunque già si stava delineando.
Una fine che è non è altro che la conseguenza, anzi, il frutto, di una vita completamente vissuta nell’Amore di Dio Padre, e quindi completamente vissuta come dono per gli altri. E quindi una fine che per noi diventa l’inizio di qualcosa di sorprendentemente nuovo: la possibilità di poter vivere completamente nell’Amore di Dio Padre nella Resurrezione di Cristo.
Ma non complichiamo le cose! Per ora si tratta semplicemente di scegliere come vogliamo vivere. Vogliamo vivere da padroni, sottomettendo tutto e tutti ai nostri capricci, le nostre pretese e i nostri limiti, con il rischio però che il tutto della vita può pioverci addosso da un momento all’altro, distruggendo quel poco che siamo risusciti a costruire e ammazzando ogni speranza di briciola di amore?
Oppure ci riconosciamo affittuari della vigna, usufruttuari del regno di Dio, riconoscendo tutto e tutti come dono dell’Amore di Dio, imparando a vivere e a gestire la vita insieme al Padrone di casa, costruendo così qualcosa che resiste e dura per tutta l’eternità?
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