Se รจ vero che il cristianesimo ha nel suo cuore lโโincarnazioneโ per cui il Lรณgos divino โdiviene carneโ, รจ naturale che Cristo e la Chiesa delle origini siano stati coinvolti nelle coordinate storiche non solo religiose, culturali e politiche del I secolo, ma si siano confrontati anche con lโeconomia. Se stiamo solo ai Vangeli, un dato impressionante che subito ci viene incontro รจ lโuso del linguaggio finanziario in senso stretto.
Si va dal dรฉnarion (presente 16 volte), moneta argentea equivalente alla paga giornaliera di un operaio (chi non ricorda i 30 denari di Giuda?), alla drรกchma della parabola lucana della casalinga sbadata e persino al didrรกchmon attico dโargento, detto anche statรจr, che Pietro estrae dalla bocca del pesce per pagare, a nome suo e di Gesรน, la tassa dovuta al tempio. Cosรฌ come non mancano i due estremi del โtalentoโ dal valore altissimo (potremmo dire oggi un milione di euro o piรน), citato nei Vangeli ben 14 volte, e del modestissimo โquadranteโ di bronzo che la vedova povera offre per il tempio attraverso lโequivalente di due leptร , spiccioli. Per ben 20 volte si parla, poi, in generale di argรฝrion, cioรจ della moneta dโargento. Non si puรฒ neppure ignorare che si evoca da parte dello stesso Gesรน la necessitร dellโinvestimento dei beni finanziari: emblematica, al riguardo, รจ la nota parabola dei talenti, ove entrano in scena anche i banchieri e persino lโโinteresseโ (tรณkos) da ricavare sui depositi bancari.
Partiamo da un passo fondamentale, un celebre lรณghion o detto di Cristo, simile quasi a un tweet (in greco sono 54 tra caratteri e spazi): โRendete a Cesare quello che รจ di Cesare e a Dio quello che รจ di Dioโ. In questione รจ il nรณmisma, cioรจ il tributo per legge (nรณmos) che era imposto dallโesoso fisco romano ai cittadini delle nazioni sottomesse. La lapidarietร dellโaffermazione di Gesรน ha come corollario necessario la ben piรน complessa applicazione nella concretezza storica.
Nella visione cristiana economia e politica, da una parte, ed etica e religione, dallโaltra, sono nettamente distinte. Non appartiene, perciรฒ, al cristianesimo una concezione teocratica come quella di alcuni Stati โislamiciโ, retti dalla sharโia, per cui il codice di diritto canonico e quello civile-penale coincidono. Tuttavia, distinzione non significa opposizione o negazione, come accade appunto sia nella teocrazia sacrale, sia nella secolarizzazione laicista. Non significa neppure totale separazione, perchรฉ unico รจ lโoggetto dellโeconomia/politica e della fede, cioรจ la persona umana. Ecco perchรฉ, accanto alla moneta di Cesare, Cristo introduce implicitamente unโaltra โmonetaโ che ha su di sรฉ unโimmagine diversa, quella di Dio, ossia la persona umana. ร ciรฒ che affiorava nella mente dellโuditorio di Gesรน che ben conosceva lโasserto della Genesi: โDio creรฒ lโuomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creรฒโ.
Cโรจ, dunque, una dignitร umana sulla quale non puรฒ prevaricare la pur necessaria economia che non deve assurgere a dogma unico e a norma esclusiva, come si รจ purtroppo sperimentato in certe vicende finanziarie recenti. Per questo, sulla scia dei profeti (si pensi solo ad Amos), la voce di Cristo si leverร forte e chiara contro la corruzione, la ricchezza sfrenata, gli squilibri sociali: in questi casi la finanza diventa mammona, un termine di matrice fenicia che trasforma denaro e ricchezza in idolo. Non per nulla alla base di questo vocabolo si ha la stessa radicale โmn che indica il โcredereโ (vedi il nostro amen). Si ha, quindi, il contrasto tra due fedi antitetiche.
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ร interessante leggere il paragrafo che segue la parabola lucana dellโamministratore corrotto ma astuto, ove lโevangelista ha raccolto detti pronunziati da Gesรน in contesti diversi, ma con lo stesso filo conduttore โeconomicoโ. Citiamo solo questo lรณghion: โNessun servitore puรฒ servire due padroni, perchรฉ o odierร lโuno e amerร lโaltro, oppure si affezionerร allโuno e disprezzerร lโaltro. Non potete servire Dio e la ricchezzaโ. Significativa รจ unโaltra affermazione nella quale รจ introdotta la speculazione finanziaria: โIo vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perchรฉ, quando questa verrร a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterneโฆโ.
Gesรน invita chi si รจ comportato cosรฌ a โfarsi amiciโ i poveri con la donazione a loro di questa ricchezza disonesta. Sarร un ottimo investimento perchรฉ essi, che sono i privilegiati di Dio, ci apriranno le porte delle โdimore eterneโ, ossia della salvezza finale nellโincontro pieno e perfetto con Dio. Cristo, pur cosรฌ critico nei confronti della ricchezza tanto da confessare di non possedere neppure una pietra ove posare il capo, non propone un retorico pauperismo che postula il puro e semplice rigetto del denaro. Infatti, al giovane ricco, per accoglierlo tra i suoi discepoli, dichiara: โSe vuoi essere perfetto, vaโ, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cieloโ. ร, quindi, un vero โinvestimentoโ nella caritร e nella koinonรญa fraterna, come accadrร nella comunitร cristiana di Gerusalemme.
Unโultima considerazione di indole generale ci puรฒ essere offerta dal confronto a dittico attraverso due parabole โeconomicheโ di Gesรน, scandite proprio dal denaro come componente strutturale, sia pure metaforica. La prima รจ quella matteana degli operai a impiego temporaneo. Gli elementi simbolici sono due: gli orari diversi di assunzione (alba, nove del mattino, mezzogiorno, le tre e le cinque pomeridiane) e lโunico salario fissato, il giร noto โdenaroโ.
Ovviamente il testo non vuole proporsi come modello per le relazioni industriali e sindacali. Il suo significato, infatti, attraverso la scansione oraria e quel โdenaroโ, รจ orientato a illustrare due dimensioni fondamentali della fede. Da un lato, ci sono le โopereโ umane, il lavoro, cioรจ il โmeritoโ: lโimpegno delle persone deve attuarsi secondo la propria vocazione, alta o semplice che sia; di livello intenso come chi riesce a colmare unโintera giornata con opere straordinarie, oppure di basso profilo in chi riesce a offrire solo pochi risultati, dato il suo limite di essere uno dellโultima ora e, quindi, con capacitร personali ridotte.
Dโaltro lato, la grazia e la ricompensa divina trascendono il limite umano e a chiunque si รจ impegnato con fedeltร e generositร โ in qualsiasi grado dello statuto sociale, della capacitร e della dotazione intellettuale o pratica egli sia collocato โ รจ donato da Dio lo stesso โdenaroโ, cioรจ la ricompensa del Regno. Grazia e merito sโincrociano tra loro: in questa parabola lโaccento cade sulla prima componente, la donazione divina (il denaro dato a tutti).
Qualcosa del genere รจ affermato anche in unโaltra parabola โeconomicaโ, quella del re generoso e del servo egoista, ove si contrappone la cifra colossale del debito dei 10.000 talenti, condonato dal sovrano, rispetto ai 100 denari che, invece, il servo spietato esige dal suo collega.
Alla grazia divina non corrisponde, in questo caso, la risposta umana.
(Fonte: Fatto Quotidiano del 30.05.2018 โ Crosspost da Pietre Vive)