Mi fermo e penso a una persona, una realtà che mi è nemica. Quella persona che mi ha trattato male, quella situazione di blocco, quella realtà su cui avevo investito tanto e non mi sta dando niente․․․
Che senso hanno le parole di Gesù? Come posso ignorare tutto questo? Continuare a donarmi proprio lì dove soffro e non sembra nascere nulla di buono? Pregare proprio per i nemici? Diciamocelo: non possiamo, sarebbe solo ipocrisia, finto perdono. E, onestamente, aveva proprio una bella faccia tosta Gesù a dire «Amate i vostri nemici» alle persone affamate, maltrattate, oppresse che aveva di fronte. Devo amare e servire quello sfruttatore, dare tutto a quell’approfittatore․․․ E a me, Signore, non ci pensi?
I consigli di Gesù, apparentemente folli, si comprendono alla luce della sua esperienza di una vita profondamente radicata in un amore più potente. Se sono certo che il Padre mi ama così come sono, allora posso dire bene anche di chi dice male di me, perché non dipendo dal suo giudizio; se sono certo che il Padre mi garantisce giorno per giorno tutto il necessario, allora posso prestare senza sperarne nulla, porgere davvero l’altra guancia.
E come sempre, la parola di Dio non è mai semplicemente “giusta”, ma sempre anche conveniente, buona per la mia vita. Perdonare chi non lo merita e dare senza misura non sono sforzi eroici che il Signore ci richiede per essere “buoni con gli altri”, ma passi necessari a liberare il cuore da quello spirito di appropriazione e di pretesa che rende meno bella la nostra vita.
Comunità Centro Poggeschi
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato