Spesso come cristiani, come uomini e donne di fede, ci sentiamo custodi di un amore gratuito che abbiamo ricevuto: l’amore del Signore. Più diventiamo grandi, più iniziamo a sentire il desiderio di essere testimoni di questo amore così grande: vorremmo raccontarlo, vorremmo contagiare tutti, ma spesso non sappiamo come fare.
Ci chiediamo quale possa essere il nostro modo di portare agli altri l’amore di Dio e ci arrovelliamo per trovare i modi più disparati, dimenticandoci che già ciò che siamo è opera di Dio e che già con il nostro corpo e le nostre parole siamo espressione di quell’amore ricevuto. Allora il primo passo per capire quale possa essere il modo migliore di amare e servire Dio in questa vita potrebbe essere iniziare a vederci con i suoi occhi, consapevoli che tutto quello che facciamo e diciamo nella quotidianità può già essere un dare quell’amore gratuito e infinito che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere dalla relazione con Lui.
Anche perché in fondo annunciare il Vangelo non è soltanto dare un messaggio predefinito a qualcuno, né semplicemente essere cortesi o testimoniare con grandi atti d’amore, né ascoltare con attenzione, consigliare o pregare per l’altro. Può essere ciascuna di queste cose, ma in fin dei conti dipende solo dal nostro essere completamente giocati nella relazione, dallo spazio che l’altro ha dentro il mio cuore.
Il punto è fare entrare l’altro nella mia vita, con tutte le sue gioie e con tutte le sue sofferenze, fidarmi di lui, rinunciare alle mie aspettative su di lui e alle mie difese, rischiare di coinvolgermi profondamente nella sua vita; il resto viene da sé. Ogni autentico incontro di due persone è la rinuncia a delle certezze, a delle abitudini, a delle difese; è lì che Dio opera, si lascia incontrare e fa sperimentare tutto il suo amore.
Comunità Centro Poggeschi
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato