Gesù rassicura il suo popolo: non c’è nulla della tradizione di Israele che vada scartato, buttato via, negato. In lui ogni iota, ogni dettaglio di quella storia viene rinnovato e trova il suo pieno compimento. Cristo si pone in continuità, non in rottura. Questo assunto, che tanto ha segnato la storia della Chiesa e della nostra teologia, può aiutarci anche a guardare la nostra vita sotto una luce diversa.
Il Signore non ama solo alcune parti della nostra storia, ma tutte. Ogni esperienza che abbiamo vissuto misteriosamente ci prepara ad essere ciò che siamo chiamati a diventare. Il Signore non vuole che ci strappiamo di dosso dei pezzi del nostro passato, ma che con pazienza ricuciamo tutto; che, accompagnati dal suo sguardo misericordioso, compiamo lo sforzo di tenere insieme ogni parte della nostra vita e della nostra storia, per scoprire quale meraviglioso mosaico può saltarne fuori. Come in natura, la crescita spirituale non funziona per gradini, ma per “piani inclinati”; non per rotture, ma per progressive integrazioni.
Davanti al nostro passato rischiamo due derive opposte: negarlo per vergogna e rifiutare che faccia parte della nostra identità; oppure attaccarci ad esso, guardando con paura e diffidenza ogni cambiamento che metta a rischio qualcuno dei nostri capisaldi. Il Signore ci prende per mano e ci guida per la strada più affascinante, quella di chi ha il coraggio di non abolire niente della propria storia, e che pure allo stesso tempo è docile a lasciarsi plasmare da quel continuo fuoco di novità, lo Spirito, che vuole dare ogni giorno un nuovo, pieno compimento a ciò che è stato.
Comunità Centro Poggeschi
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato