Gesù passa, vede, chiama. I discepoli lasciano tutto e lo seguono. Marco sintetizza in poche righe un processo che nella vita di ciascuno di noi generalmente dura anni di faticoso cammino di discernimento.
Il Signore attraversa continuamente la nostra esistenza, la quotidianità del lavoro, della famiglia, delle relazioni, tutta l’ordinarietà del mare della nostra vita. Il mare di Galilea, cioè il lago di Tiberiade, è il luogo dell’incontro in cui Gesù valica la nostra ferialità, guada il fiume in piena delle nostre caotiche giornate e si mostra come colui che può scuoterci dal tepore del sonno e della morte. Per gli ebrei – popolo certamente non di esperti naviganti – il mare è il simbolo della paura e del pericolo, ma è anche il luogo in cui Dio si manifesta, vede la povertà dell’uomo e gli propone con dolcezza una storia di salvezza, una storia d’amore.
Il lago è il luogo dei confini, sulle cui sponde Gesù propone il suo Vangelo di rinascita che si allarga al mondo intero. Su quelle sponde egli dà da mangiare il pane della vita, sé stesso, all’intera umanità; su quelle sponde chiama a sé i discepoli, chiama ciascuno di noi che faticosamente remiamo contro corrente e ci dice: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!»; su quelle sponde ci accoglie nelle nostre povertà a braccia aperte, ci domanda con semplicità «Mi ami?» e attende la nostra risposta sincera.
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Chiediamo al Signore della vita di aiutarci a riconoscerlo quando passa nelle nostre notti insonni, ci vede e ci chiama; affidiamoci allo Spirito che ci dà il coraggio di lasciare le nostre povertà per guadagnare la vita piena in Cristo.
Marco Ruggiero
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato