Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 9 Febbraio 2022

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Tutti gli uomini, da sempre, hanno cercato di proiettare i problemi fuori di sé: ogni epidemia esige un capro espiatorio, ogni catastrofe un colpevole. Per esorcizzare le nostre paure è naturale cercare di relegare il male e l’impurità a qualcosa fuori. Stabilire che determinati luoghi o cibi sono “impuri” mi dà la garanzia che il resto è “puro”, è a posto. Che mi basterà tagliare quelle pratiche via dalla mia vita per essere ineccepibile davanti a Dio e agli altri. Poche credenze sulla purità rituale durano ancora oggi, ma questo non vuol dire che ci siamo liberati dalle implicazioni più profonde e raffinate di questa mentalità.

A volte basiamo il nostro benessere spirituale e sociale su un’immagine “immacolata” di noi stessi. Viviamo interi periodi in cui ci sentiamo bravi: rispettiamo i tempi, portiamo a termine gli incarichi, siamo utili agli altri, sappiamo stare bene nelle nostre relazioni. Periodi, insomma, in cui funzioniamo benissimo. Abbiamo, è normale, delle cadute, ma le mettiamo tra parentesi. A volte le ignoriamo, altre volte le minimizziamo, altre ancora le proiettiamo fuori di noi: basta non fare questa cosa, non arrabbiarmi così, non mettermi in quella situazione, rispettare questo impegno fisso, e la mia vita sarà perfetta… Per stare in pace con noi stessi pensiamo ai nostri limiti e alle imperfezioni come macchie su un vestito bianco che vanno pulite il prima possibile.

Il Maestro oggi però ci invita ad andare sotto quel vestito, a entrare ancora e ancora dentro le viscere della nostra interiorità, al cuore del nostro sentire. Non possiamo limitarci a guardare con superficialità le nostre azioni e reazioni, giustificarle sulla base del contesto esterno o “lavarle via” subito per sentirci meglio.
Bisogna scendere dentro ciò che siamo, a scoprire le malattie più profonde del nostro cuore, trovare quei vuoti tenebrosi da cui nascono tutti “i propositi di male”. Da soli non avremmo mai il coraggio di fare questo viaggio: fa crollare l’immagine su cui spesso fondiamo il nostro rapporto con Dio e gli altri… Se dentro non sono buono, chi potrà volermi bene? Se non sono puro, come potrò salvarmi?

Solo Cristo può accompagnarci, solo del suo sguardo possiamo fidarci, e non del nostro giudizio. Solo chi ci ha abbracciati quando eravamo infangati dalla testa ai piedi ci mette nella condizione di percorrere le lente, faticose vie della guarigione più vera.

Harambet


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato