Giovanni era molto vicino a Gesù. Ne coglieva i cambi d’umore, i sospiri, i sorrisi, era capace di interpretare i suoi pensieri e i suoi gesti. Ed è stato il primo ad accorgersi che Gesù aveva capito di dover morire, a rendersi conto di quale immenso amore provasse per ciascuno di loro. Chissà cosa deve aver notato quella sera Giovanni in Gesù, come ha colto questa nuova consapevolezza del Maestro: Gesù gli aveva manifestato le sue preoccupazioni? O Giovanni lo aveva intravisto con gli occhi lucidi? Sarebbe bello poter penetrare il mistero di questa scena, leggere profondamente quel che stava accadendo dentro il Signore. Quanto gli stava costando quell’amore fino alla fine? Quanto lo scavava la delusione per il tradimento di Giuda, il dolore di perderli tutti di lì a breve, la paura per quello che avrebbe dovuto attraversare?
Eppure, proprio il momento di massima tensione è quello della luce più grande: il dono del suo corpo, i piedi lavati anche a Giuda, la volontà di lasciare l’estremo esempio di servizio. Vivere così momenti simili è possibile solo nella consapevolezza che sì, morirà tradito, ma anche “che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava”. La certezza di una casa che nessuno poteva togliergli, e di una missione fondamentale, immensa, che in quel momento neppure forse riusciva a capire fino in fondo, ma che accettava; e così può essere anche per noi.
Coltiviamo il desiderio di entrare sempre più profondamente, silenzio dopo silenzio, esperienza dopo esperienza, giorno dopo giorno, Pasqua dopo Pasqua, in ciò che Gesù provò quella sera. Per ciascuno di noi l’accesso alla vita piena, alla comprensione del dolore, della morte, del male e dell’amore passa di qui, da questa fiducia di Gesù nel Padre. Un cammino diverso per ciascuno, ma accomunato dall’esperienza di quest’uomo: un cammino possibile solo perché lui lo ha percorso fino in fondo.
Comunità Centro Poggeschi