Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 8 Aprile 2020

Sicuramente è capitato a tutti qualche volta di essere così sicuri di qualcosa da non avere dubbi e di conseguenza procedere avanti come un treno, ciechi e sordi dinanzi alle conseguenze. Giuda è un apostolo, ha ascoltato e seguito Gesù per tanto tempo, ha gustato in prima persona la rivelazione di Dio; quella rivelazione che oggi è trasmessa a noi e di cui siamo annunciatori. Giuda, in fin dei conti, è uno come tanti di noi che hanno la pretesa, spesso inconscia, di insegnare a Dio cosa è meglio, convinti di essere in grado di aggiustare e riadattare la salvezza.

Giuda ci mostra le fragilità dell’uomo che non si arrende e fa di tutto per trovare una soluzione a un problema che si è inventato da solo perché come la pecorella smarrita si è allontanato dall’amore, forse dandolo per scontato, e si è avventurato in qualcosa che va oltre le proprie forze.

La storia d’amore richiede il nostro sì: continuamente dobbiamo affrontare le tentazioni e superarle, ma mai da soli. Anche in questi giorni faticosi la forza della preghiera ci aiutano a non perderci, a non uscire dalla comunione, mettendoci in guardia in particolare dai pericoli collaterali della quarantena: assopirci in una routine monotona, pigra ed egoista.

Riflettere, confrontarci, continuare a pregare insieme è fondamentale per non dimenticarci che, come Giuda, abbiamo mangiato allo stesso piatto di Gesù, alla mensa eucaristica. Il Figlio ci mostra amorevolmente la nostra debolezza per dirci che siamo più forti se ci affidiamo al Padre dicendogli: “Sono tutto tuo!”. Così saremo riabilitati con il nostro nome e non saremo più sconosciuti, ma santi.

Marco Ruggiero


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