Captare la presenza, risvegliare l’umanità nei più piccoli e scontati gesti quotidiani: non c’è bisogno di essere religiosi per avere a che fare con Dio ogni giorno, succede inevitabilmente.
Porsi due domande su cosa significhi umanità viene più naturale se il dolore, l’ingiustizia, il pericolo della perdita e della violenza ci interessano da vicino… Finché il dolore non ci tocca in prima persona, le ferite della nostra relazione con noi stessi e con Dio rimangono coperte e purulente.
L’egoismo ci separa da noi stessi, dalla natura umana che, divina per la sua relazionalità, ci porterebbe ad avere cura di tutte le prigionie – nostre e altrui – di ogni fame ed ogni sete, aprendoci all’accoglienza dell’altro e al superamento dei nostri limiti, eredità da ricevere e regno da trasmettere.
Allora dinanzi alle guerre – interiori, familiari, sociali, mondiali – andare oltre la propaganda del prendere parte e tornare piuttosto alla consapevolezza di essere già parte di un’umanità che ci costituisce rimane l’unica cura di ferite che tutti abbiamo e che possiamo rendere feritoie attraverso cui lasciare passare la divinità della luce e della vita.
Gesti semplici, autentici e coraggiosi verso se stessi e verso gli altri diventano la testimonianza di un Amore che non rimane un concetto avulso dalla quotidianità, ma è via concreta di realizzazione della nostra natura più intima.
Mounira Abdelhamid Serra
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato