Di sale e di luce. Parole in immagini, che sono una pausa nel grande discorso della montagna, una sosta dopo l’inno alla gioia di Gesù – le beatitudini – e il successivo dialogo con la legge dei padri. In questo fermarsi Gesù ci include in un voi, spazioso, ampio. Raggiunge le orecchie più lontane, raggiunge figli di Dio che da tempo si pensavano orfani. Nel voi c’è un invito, magari anche una legge, a pensarci al plurale, a esistere nel fratello, a sentire con i sensi dell’altro.
Sapore. Probabilmente il sale non ci sembra più un contributo importante al sapore, tra mode gastronomiche e diete che lo mettono al bando. Ma nel messaggio del sale sparso a dar sapore alla terra c’è forse un senso di responsabilità, di custodia verso la creazione che ci contiene: non dominatori, ma piuttosto, come fa il sale nella pasta, chiamati a pervadere il cosmo, la sua massa, con il nostro flusso divino, quel DNA di amore che Gesù ha innestato dalla croce in noi. Prendere coscienza dell’essere sapore, della sua natura, ci può allora aiutare a superare quei momenti di non senso – non sapore – che ci appartengono, dove l’essere calpestati, finiti ci sembra l’unica via d’uscita.
Illuminare. È il sole che dà luce al mondo, e questa bolla incandescente di gas spesso viene usata come immagine di Dio. E Dio qui ci mette al suo posto, a far luce al mondo, sfera di bellezza contenuta nelle sue mani. Il sole non è facile da nascondere, anche le eclissi più totali ne lasciano sfolgorare la raggiera e i cieli più nuvolosi ci abbandonano al grigio ma non al buio assoluto. Certo può capitare di sentirsi spenti, i nuovi soli, lampade elettriche e strisce di led, sì, che li spegni con un click․․․ e forse è questo il senso di luce che sentiamo, in una continua intermittenza.
Ecco che tornare al voi iniziale può aiutare a viversi, sapendo che se oggi mi sento spento c’è sempre un altro che può continuare a far luce anche per me.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato