Giovanni ci ricorda che per il credente la settimana inizia la domenica, la definisce il primo giorno della settimana. Le parole di oggi ci permettono di vincolare lo scorrere del tempo alla festa di Pasqua che già da otto giorni, anche quest’anno, stiamo vivendo.
Il primo giorno. All’inizio, ci vengono trasmessi una serie di modi in cui la Pasqua si comunica. La voce della pace, il mostrare il corpo ferito, il soffiare… e proclamare il perdono, come a ricordarci che la riconciliazione è un’esperienza di resurrezione, che fa parte della festa, e come tale andrebbe vissuta.
Otto giorni dopo. Quel primo giorno di festa qualcuno non riesce a viverlo, è Tommaso. Non ci viene detto il motivo della sua autoesclusione dalla festa, un’assenza che dà spazio a ciò che la preghiera può suggerire. E in Tommaso possiamo ritrovare la storia di tanti altri che anche oggi non sentono la necessità di entrare nella festa di una messa domenicale.
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Con Tommaso, e con tutti gli altri, Gesù prova la via dell’incontro personale. Quel primo mostrare le mani e il costato a una comunità ora si fa parola diretta al solo Tommaso con l’invito a entrare nella resurrezione passando per l’azione di toccare le ferite. Ma c’è solo un modo in cui ha senso toccare le ferite, quello di curarle. Gesù non rimprovera Tommaso di non esserci stato otto giorni prima, ma gli fa sentire il suo bisogno di averlo vicino, per continuare a curare ciò che il grande miracolo della resurrezione ha lasciato aperto.
Credenti o increduli, abbiamo ogni domenica una festa che ci attende e un Risorto che continua ad avere bisogno di una carezza.
Giuseppe Amalfa Sj
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato