Il lutto, innanzitutto, la crisi della perdita personale e la fine di un’era – l’era di Giovanni – sono il manifesto della prima grande crisi nella vita di Gesù; egli si ritira, cerca il silenzio del dolore, la lontananza dalla confusione, è inconsolabile e spaesato, vive quel momento in cui “quello che sto passando lo capiamo solo io e Dio”… il segreto del cuore.
Ma non basta, la crisi per quanto si possa fuggire, anche con fatica – a piedi – presto o tardi ci raggiunge.
Gesù ritorna con i piedi per terra, s’accorge che altro non può fare che affrontare quello che gli si presenta, una cosa per volta, così come sa fare, né più né meno ed è il cuore che glielo impone; egli segue sempre, in fin dei conti, il cuore.
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Il Maestro va oltre: la crisi si snoda vivendo e inevitabilmente qualcun altro ne è coinvolto, per volontà o per motivi accessori, che fare?
Demandare ciò che si può demandare e avere l’umiltà di assumersi la responsabilità del proprio.
In questo modo si esercita un potere funzionale all’evoluzione naturale delle cose, il bene viene offerto da tutti e si condivide moltiplicando… la crisi di uno sblocca le crisi di tutti, quello che uno ha – nel bene e nel male – è quello che tutti hanno, perché siamo collegati.
Il piccolo e il debole che è dentro di noi, che nulla possono contro la crisi, in questo modo vivranno felici, per sempre.
Il principio rimane Cristo, in Lui nel suo esempio e nelle sue parole, tutto è racchiuso per vivere a pieno.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato