Insegnaci. Un discepolo prende la parola, magari dopo aver spiato Gesù che prega. Chissà cosa ha visto, su quel volto, nei gesti… ha potuto contemplare l’ambiente della preghiera di Gesù, e vuole accedere a ciò che l’ha animata.
Dite. Gesù non presenta un manuale di orazione. Dice di dire, tradurre in voce ciò che mi abita, affinché sia ascoltato, accolto, affinché la voce mi apra, sia mezzo che riversa fuori di me, qualcosa di me. Sarà il più delle volte un balbettio, un tentativo di dire. Padre la prima parola, tra le prime che farfuglia un bambino, mi restituisce anche il modo del mio aprirmi: sono figlio, piantato dal padre, nutrito del suo pane.
Abbandonarsi. Significa essere dentro il potere di un altro. In positivo come il figlio errante che ritorna, si abbandona alle braccia del Padre, di un altro passaggio del vangelo. Il significato originario del testo è più far entrare, neutro rispetto al senso dell’abbandono. Il termine abbandono è già carico di preghiera, di quello che personalmente ciascuno aggiunge.
Tentazione. È il tendere, un movimento di attrazione che nell’uso comune si è polarizzato sul male.
Ecco che dire “non abbandonarmi alla tentazione” è grido che solleva dalle prove, tesse preghiera da dentro le notti dell’anima.
Balbettare Padre e l’enigma del male nella preghiera si toccano.
Giuseppe Amalfa SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato