Dove mangiare? Sembra quasi la domanda che sorge in una serata tra amici… c’è anche questo aspetto tra i pellegrini che affollano Gerusalemme in prossimità della Pasqua. Ma il gruppo che segue Gesù ha imparato a vivere il mangiare come epifania di cose importanti: conversioni, effluvi di costosi profumi, ceste di avanzi quando sembrava non avere più nulla da mangiare. Con Gesù mangiare è diventato un’esperienza privilegiata di conoscenza di Dio.
L’uomo con la brocca. Un indizio forse carico di simboli – l’acqua del battesimo che ci fa accedere al banchetto – o semplice sguardo sul quotidiano, a quei gesti che tutti compiono ma che illuminati dall’esercizio dell’attenzione aprono la porta a nuove cose.
Preparare. La fede se condivisa in comunità va preparata, come una cena. La cura dell’accoglienza, senza scadere in frenesia del fare, è già preghiera di mani che impastano, stendono tovaglie, lavano i calici. Ci prepariamo a fare tante cose… Cristo si serve del contesto del pasto per dirci che anche l’incontro con lui va preparato.
Corpo di sangue. Mangiare è divino! Forse le chiese e le liturgie, che nel tempo hanno maturato un solenne linguaggio estetico attorno alla messa, hanno cercato di comunicarlo. Hanno creato un grande ostensorio attorno al pane inzuppato di un Dio che ha camminato tra i poveri. Disarma che Dio scelga il pasto più umile per concentrarvi il più sconfinato orizzonte. E disarma ancora di più ciò che ci chiede di contemplare lì, il suo corpo di sangue, grembo che nutre, legame di viscere per gli attaccati alla vita.
Pane inzuppato, corpo di sangue: ciò che saremo è una briciola che inebria.
Giuseppe Amalfa SJ
Continua a leggere gli altri approfondimenti del giorno sul sito
Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato