Quante volte occorre sbagliare per imparare a non farlo più? Vi è qualcosa di misterioso nella capacità di mascherare la realtà con le parole. È conturbante e al tempo stesso velenoso; affascina, come un oggetto dorato la gazza ladra; fiacca il nostro spirito, come un bicchiere di vino troppo forte chi lo beva a stomaco vuoto. Un amico ci direbbe “Te la stai raccontando!”.
Quante volte occorre essere richiamati, per imparare a essere semplici?
La miopia con il tempo diventa scaglia sugli occhi, secca e dura; chi mostra l’alternativa dell’autenticità (e di solito avviene nei dettagli) rientra nel novero della gente ribelle, i pirati, gli asociali, i pericoli pubblici.
Chissà cos’è che ci induce a travisare ciò che è, tutto sommato, abbastanza chiaro. Forse è la paura di fare delle scelte vere. Forse è il timore di dover rinunciare a qualcosa. Forse è la “misura di deserto” che le Parole di Dio portano in se stesse: rivelano, chiamano, costringono all’essenzialità, costringono al movimento continuo, non permettono distrazioni, non accettano idoli concorrenti. E questo ci fa paura, un poʼ, sempre.
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Diego Mattei SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato