È solo alla fine che Simone svela la sua identità di peccatore. Ma questa identità non impedisce tutto ciò che avviene prima, un progressivo muoversi di Gesù verso di lui.
Lo pregò. Il primo movimento è la preghiera che Gesù rivolge al peccatore pescatore, un osare di Gesù che, a quanto ci fa capire il testo, sale sulla barca di Simone e poi “lo prega” di allontanarsi da terra. È un pregare pratico che si consuma nel compimento della stessa orazione: Simone che accoglie la richiesta e si stacca da riva. È un pregare che ribalta le prospettive: Dio che prega l’uomo, il Salvatore che prega il peccatore.
Presero una quantità enorme di pesci. Il secondo movimento vede Gesù che interviene nel lavoro dei pescatori. Come? Lavora con loro? Si fa loro capo? In un modo o nell’altro, la presenza di Gesù e le sue indicazioni riempiono le barche di pesci. Più che sul segno della grande quantità di pesci, qui mi posso fermare sulla relazione paritaria che si presenta tra Gesù e Simone, li posso vedere lavorare fianco a fianco, insieme nella stessa barca․․․ trovo la comunione di Dio con il peccatore.
Stupore. Un terzo movimento è già di risposta, invade Simone e i suoi compagni: provano stupore per ciò che la presenza di Gesù ha prodotto nella loro vita. Tuttavia mi posso chiedere, lo stupore è per il segno della barca piena o per ciò che avviene nonostante la consapevolezza di essere peccatori? Simone sembra più toccato da quest’ultimo punto, è stupito che qualcuno possa entrare nella sua vita segnata dal peccato con questo eccesso di bene.
Ma qual era il peccato di Simone? Non si sa – sappiamo di altri che verranno dopo, come il rinnegamento. Il peccato di Simone è indefinito nei suoi dettagli, ma posso definirlo con i miei. Nel mio peccato – nel mio mancare il centro – è Gesù che viene a mettersi al centro, il suo “non temere” riorienta le traiettorie scivolose di una vita da navigare.
Giuseppe Amalfa SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato