Oggi viene posto al centro l’esercizio dell’autorità. A chi appartiene la cattedra? Per Gesù il punto di riferimento è Mosè, un profeta, uno che da un punto di vista pratico non si è tirato indietro di fronte alla sfida di una liberazione che presupponeva un cambiamento di vita radicale per il popolo d’Israele. Mosè è in cattedra perché ha camminato nel deserto con questo popolo, senza mai appropriarsene, senza strumentalizzarlo per soddisfare i propri interessi.
Ebbene: su questa cattedra, allora come adesso, si sono seduti scribi e farisei, che dicono cose giuste, è Gesù stesso a riconoscerlo, ma non hanno alcuna intenzione di camminare con il popolo. Manca un cuore aperto e fiducioso nello Spirito, pronto a essere condotto in posti scomodi per fare la propria piccola parte e donare un poʼ di sollievo a chi è nell’angoscia e nel dolore.
Gesù si rivolge alla folla prima che ai discepoli. Questo dettaglio ci ricorda che non è solo rivestendo ruoli ufficiali nella Chiesa che si incappa nella tentazione di assumere atteggiamenti farisaici. Tutte le volte che pensiamo di parlare a nome di Dio, di dominare il Vangelo e quindi di poterlo gloriosamente annunciare, esaltando e allo stesso tempo illudendo noi stessi, in realtà diventiamo falsi maestri che gettano pesi sulle spalle del prossimo. A essere premiata sarà invece l’umiltà di chi si lascia mettere sempre in discussione da quella Parola. E Dio solo sa come…
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Fabrizio Barbieri
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato