Questa parabola mette a dura prova chi si illude che la giustizia divina coincida con quella umana. L’ambientazione si sposa quasi perfettamente con la contemporaneità che ci circonda: un uomo ricco, che potremmo paragonare a un attuale capo d’azienda, chiede conto dell’operato del suo amministratore delegato che ha pensato bene di farsi gli affari suoi con un patrimonio che non gli apparteneva…
Una figura complessa quella dell’amministratore, che sembra non avere la forza e la maturità interiore per affrontare le fatiche quotidiane (zappare) e allo stesso tempo un orgoglio un po’ troppo spiccato che gli impedisce di chiedere in maniera pura un aiuto fraterno (mendicare). Eppure, a suo tempo, è riuscito a guadagnarsi la fiducia del capo e a non farsi cogliere in flagrante nello sperpero visto che l’accusa arriva dall’esterno. Una scaltrezza che paradossalmente lo salva proprio nel momento in cui, senza che ne abbia coscienza, si fa veicolo di speranza per chi è in difficoltà.
Davvero i pensieri di Dio sovrastano i nostri e la sua giustizia sembra aprire orizzonti infiniti di misericordia. A nessuno di noi verrebbe spontaneo lodare un amministratore che continua imperterrito a concentrarsi su di sé; in pochi avremmo misericordia dei debitori che non brillano certo per santità. I nostri cuori non hanno scampo: o si indignano o si sforzano di comprendere la felicità dell’uomo ricco che vede giungere la sua ricchezza nelle mani di più persone possibili… conta poco la strada impiegata.
Fabrizio Barbieri
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato