Oggi veniamo posti in guardia da una tentazione subdola e pericolosa: quella di sentirci migliori degli altri. Gli scribi e i farisei, infatti, proprio grazie agli studi approfonditi e alla conoscenza letterale della Torah, si illudono di aver penetrato il mistero di Dio e quindi di poter giudicare il prossimo. La condanna che essi esprimono dimostra quanto in realtà siano lontani dalla giustizia divina che, come ci ricorda anche san Paolo, è sempre illuminata da una misericordia infinita.
La pecora perduta mi ha sempre fatto pensare alla condizione delle altre novantanove: sembrerebbero infatti perse sullo sfondo della scena che vede quella “birbante” prendersi tutti gli applausi del pubblico. Questa parabola presuppone tuttavia una dinamicità che ci impedisce di identificarci in un ruolo fisso: a volte infatti siamo noi i protagonisti della gioia del Padre per una conversione avvenuta nel nostro intimo; in altri frangenti siamo chiamati invece a essere compartecipi della felicità altrui, la quale arricchisce sempre anche il nostro cammino di fede.
La moneta perduta ci ricorda, infine, che quando perdiamo qualcosa di importante dobbiamo darci da fare. La donna si accorge della mancanza quando è nel buio della sua esistenza: la prima azione che compie è quella di accendere la lampada. Poi occorre far pulizia dentro la propria casa, senza perdere la speranza di raggiungere l’obiettivo. Dopo aver ritrovato sé stessi, fare festa con gli amici assume tutto un altro sapore.
Fabrizio Barbieri
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato