Gesù, attraverso la semplicità di un’immagine che potremmo definire bucolica, ci permette di comprendere meglio l’ordine che soggiace al disegno di Dio per l’umanità e lo fa mettendo in chiaro i ruoli. La parte più attiva spetta al Padre che è l’agricoltore, colui che ha piantato la vigna perché porti frutto e dia vita ai tralci. A lui spetta di compiere le azioni più delicate e significative: il rischio che si corre infatti, tagliando e potando senza alcuna esperienza, è quello di creare inutile dolore e prosciugare la linfa che dona vita.
Quei tralci che pur essendo attaccati alla vite non portano frutto sono a tutti gli effetti dei parassiti e non possono che essere tagliati. Ai tralci che portano frutto viene imposta invece la prova della potatura: accettando dunque di soffrire per migliorare sé stessi, si può portare più frutto e offrire una quantità maggiore di nutrimento per sfamare coloro che ne hanno più bisogno. Questo è possibile tuttavia solo a condizione di rimanere sempre attaccati alla vite, riconoscendo che solo da lei scaturisce quella vitalità che i tralci in sé non possono avere.
Gesù infatti mette in guardia dal pericolo che alcuni tralci, inizialmente decisi a rimanere in lui, possano tuttavia arrivare a staccarsi e questo spesso avviene quando un tralcio si mette in testa di essere la vite. Il destino di quel tralcio non può che essere quello di seccarsi, finendo così nelle mani di chi è stato pensato nel ruolo dello “spazzino”, che si compiace nel gettare via sé stesso e gli altri nel tentativo di distruggere l’opera di Dio. I tralci che rimangono in Gesù possono invece chiedere qualsiasi cosa: vivendo della sua parola hanno abbandonato il proprio interesse per gustare la salvezza offerta a tutti coloro che si donano senza limiti.
Fabrizio Barbieri
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato