Oggi si parla di qualcosa in cui il mondo non crede affatto, e che anche i cristiani praticanti dimenticano: la vita eterna, intesa qui come la vita oltre la nostra vita terrena.
Il mondo che ci circonda, i modelli di vita che ci vengono presentati, il cinema come la pubblicità, il modo di pensare a noi stessi e alle nostre cose, infatti, è totalmente chiuso in una prospettiva terrena: tutto ci spinge a pensare a noi come se fossimo eternamente giovani, eternamente sani, eternamente belli, sempre smart e sempre in carriera.
Si sente sempre meno parlare della morte, ma il riflettere su questo è principio di sapienza. Infatti introiettare l’idea della morte, così ben occultata dall’Occidente, significa introiettare l’idea che questo mondo esisterà anche quando non ci sarò più, e che dunque esso ha un significato che io non creo, non invento, ma che trovo, e al quale devo adeguarmi.
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Come è essenziale introiettare da dove vengo, la mia storia, i miei genitori, la mia famiglia, così lo è capire dove vado. Ma il “dove vado” non è la morte: è una fedeltà di Dio che passa attraverso la mia vita, e che va oltre la vita stessa, perché Dio non è un Dio dei morti, ma dei vivi. E in Lui tutti vivono.
Ottavio De Bertolis SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato