Cosa spinge gli apostoli a formare una comunità ? Una figura di riferimento, come quella di Gesù, è certamente fondamentale: qualcuno che sappia indicare la meta che altro non è se non il desiderio di diffondere, con un linguaggio semplice e profondo, l’annuncio di salvezza. Solo l’amore donato può infatti strappare gli uomini e le donne da quelle zone di comfort in cui ci si rifugia per evitare le prove della vita, che senza accorgercene rischiano di diventare le nostre tombe.
Serve anche lo spirito vivo di persone come Filippo e Natanaele che, forse anche con fatica, continuano a cercare una direzione da dare alla propria esistenza. Filippo non dice «ho trovato» ma «abbiamo trovato»: la meta non è una scoperta privata, un tesoro da trattenere, né tantomeno un prodotto da vendere secondo il proprio interesse.
È già nata una comunità aperta, capace di risvegliare i cuori di chi non si arrende alle logiche mondane della competizione, del guadagno a tutti i costi, del cinismo di fronte alla sofferenza altrui.
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Dio sa attenderci pazientemente mentre, sotto i nostri alberi di fico, proviamo a mettere insieme i pezzi di un disegno troppo complesso da ricostruire in solitudine. La gloria di Dio, che Gesù preannuncia a Natanaele, si può contemplare solo insieme a quei fratelli e a quelle sorelle che hanno smesso di cercarla dentro strutture di potere per affidarsi all’imprevedibilità di una vita nello Spirito.
Fabrizio Barbieri
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato