Come Gesù fa e insegna, così gli apostoli ripetono il suo fare ed insegnare. Sono “nuovi Gesù”, inviati da lui per fare e dire come lui, come lui è inviato dal Padre a compiere le sue opere e dire la sua Parola. Ne sperimentano l’entusiasmo e il successo. Raccontano al loro Signore la loro bravura: e non c’è niente di male, Gesù ne è contento.
Ma li chiama in disparte, insegnandoci a fermarci, per imparare a dire e fare qualcosa che non avevamo ancora capito: la compassione. Si può essere apostoli per annunciare se stessi, per celebrare la propria storia o esaltare le proprie capacità: un atteggiamento ancora immaturo, per quanto pieno di buone intenzioni. Gesù ci insegna a guardare a lui e ai suoi poveri
Vediamo allora la gente, così numerosa e così diversa nei gesti, negli atteggiamenti, nel modo di vivere, che ci sta attorno, quando sono per strada, al bar, a scuola, nel lavoro… Scopriamo che la più grande povertà è vivere senza Gesù.
Tutto quello che Gesù fa o dice è frutto della sua compassione. La parola dice le viscere di misericordia, il cuore stesso di Gesù. Mettiamo a confronto i cuori induriti alla vista delle povertà materiali e spirituali degli uomini, incapaci di accorgersene, di esserne toccati, e i cuori degli uomini e delle donne che, come Gesù, hanno imparato la compassione. E io? Voglio questa carità? Oppure solo fino a un certo punto?
Chiediamo allora la grazia di non essere lenti, ma pronti e generosi nel mettere a sua disposizione noi stessi e tutto quel che possiamo essere e diventare a lode e gloria del Suo nome.
Ottavio De Bertolis SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato