Le parole che pronunciamo, le persone a cui prestiamo ascolto, le azioni che compiamo… di tutto ciò parla Gesù ai suoi discepoli alla fine del discorso sulla montagna. E lo fa con un intento preciso: aiutarli a ridare ordine ad aspetti della loro vita che talora possono essere scollegati gli uni dagli altri. Si tratta, allora, di rimettere in sincronia – per usare un’immagine sintetica – bocca, orecchie e mani.
Perché anche le nostre parole all’apparenza più belle, più generose, più nobili sono vuote, se non sono radicate nell’ascolto di chi invochiamo come nostro Signore. E non basta ascoltare, se poi scegliamo di costruire la nostra vita confidando solo sulla sabbia delle nostre autosufficienze, invece che sulla roccia del suo amore. Fondarci su questa roccia non ci mette al riparo dal dolore, dalle disillusioni o dai fallimenti, ma ci dà la forza necessaria per non esserne abbattuti, per scorgere la speranza anche nella peggiore delle tempeste.
Gesù incoraggia i suoi discepoli e incoraggia noi: sa che avremo sempre come compagne piccole o grandi incoerenze, ma ciò che conta è lavorare con lui per riannodare di volta in volta i fili della nostra vita che si sono sfrangiati, per ritessere il nostro cuore a immagine del suo.
Giuseppe Riggio SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato