La storia di Lazzaro e del ricco epulone racconta un rovesciamento delle sorti. Ciò che viene detto in tanti passaggi della Bibbia, che il Dio di Israele ha cura dei piccoli, degli orfani, delle vedove e degli stranieri, qui si trasforma in trama e dialoghi.
Abbiamo due personaggi, un povero e un ricco. Il povero ha un nome, Lazzaro. Sotto lo sguardo di Dio, egli possiede un’identità precisa: ha un volto e una biografia che vengono visti e custoditi. Lazzaro vive una condizione di estrema invisibilità e di periferia esistenziale. È vicino a chi detiene potere e ricchezza, ma è come se vivesse sulla Luna.
Dopo la morte, per il rovesciamento delle sorti, si ritrova nel seno di Abramo, accanto a lui come immagine di paradiso e di giustizia.
Il ricco, invece, non ha nome, di lui si dice ciò che indossava e come mangiava, non si racconta la storia. Gli oggetti, per quanto eleganti e raffinati, sostituiscono la persona. Anche quest’uomo vive un rovesciamento delle sorti e si ritrova in una condizione opposta a quella vissuta in terra. Qui si preoccupa dei fratelli, che non commettano gli stessi sbagli.
Si apre un dialogo, tra il “senno del poi” del ricco e il “qui e ora” di Abramo, “Se avessi saputo․․․”, “Se avessi immaginato․․․”. La frase conclusiva del Patriarca è potente: «neanche se uno risorgesse dai morti sarebbero persuasi».
Non c’è ammonimento che valga o rimprovero che possa cambiare il cuore, se questo non si apre alla persona di Gesù con amore e fiducia. La via della vita “eterna”, ossia nuova, rispettosa, giusta è quella tracciata dall’attesa animata dall’amore, non quella segnata e imposta dalla paura. Una giornata di amore vale un anno di paura!
Diego Mattei SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato