Le folle si accalcano intorno a Gesù. Si spingono e si stringono. Gesù ha parole che attirano, che importa se per ascoltarlo bisogna sgomitare e sopportare il caldo del sole, il fiato e il sudore della gente che preme tutta intorno?
Gesù però non ha soltanto parole di conforto. Ci sono anche affermazioni forti e scomode come quelle di oggi. “Questa generazione…” non è solo quella dei suoi contemporanei, è la generazione del lettore, è la nostra, perché anche noi cerchiamo segni. Il nostro cuore a volte tentennante li desidera. Per questo siamo cattivi? È malvagia la generazione che cerca un segno?
Cercare un segno e non chi vi sta dietro, questa è la tentazione che rallenta il passo del nostro cammino. È per questo che Gesù promette un segno “problematico”. Anche nel rimproverare, il suo cuore vuole la nostra libertà.
Il segno promesso è quello di Giona, segno di contraddizione e di alterità: Giona è straniero rispetto a Ninive e la regina del Sud è straniera rispetto a Israele. Il segno annunciato è perciò quello che viene dai margini, dalle periferie. È il segno che non ti aspetti, che rompe con ciò che precede, che non è autoreferenziale e non conferma il già noto, ma disloca e interroga.
Al tempo stesso, Giona non è solo la novità, è anche la misericordia e il perdono.
Se poi il segno di Giona è il tempo dei tre giorni trascorsi dal profeta nel ventre del pesce, esso richiama l’assenza, il silenzio, l’occultamento e anche il ritorno alla vita. È la luce dopo le tenebre, è la salvezza dopo la morte.
Signore noi cerchiamo segni, tu continua a liberarci donando la novità che spiazza, l’amore e il perdono che curano, la vita nuova dopo le tenebre. Per questo anche oggi noi ci accalchiamo intorno a te!
Diego Mattei SJ
A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.