Non ti riconosco e la tua sorridente presenza mi spiazza e mi spaventa. Raggomitolata nel mio lutto, sento che la tua assenza non lascia posto a nient’altro – nemmeno alla tua presenza. Perché sei qui, se sei andato via? Perché sei andato via, se sei ora sei qui? Sento dalla pancia salire una sorta di rabbia: perché ho dovuto soffrire la tua morte, se ora come se nulla fosse ti presenti qui e pretendi che io ti creda, che io non abbia dubbi?
Ma quel come se nulla fosse non dice verità: quel che mi porti sono mani e piedi bucati… e sei tu. Proprio con quelle ferite, proprio perché hai attraversato la morte sei tu. Mi mostri il tuo corpo per dirmi che sei tu e nella tua carne lacera vedo insieme il limite della morte e la vittoria della vita.
Mi manca il fiato per la gioia, tutto in quest’istante è sospeso. Cos’è la vita, cos’è la presenza? Non so più rispondere a queste domande. Ti vedo mangiare e questo mi ricorda la fragile corporalità che hai scelto per insegnarmi a essere uomo al meglio, per dimostrarmi che davvero io sono come te, proprio perché tu hai scelto di essere come me.
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Sono testimone del limite scelto per valicarlo, della morte accettata per superarla, della fine attraversata per annientarla: questa fine è stato un inizio e io vado a raccontarlo a gran voce, di questo io sono testimone.
Verena M.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato