Non servono molte parole.
Quello che serve, quello che conquista è uno sguardo. Simone e Andrea e poi Giacomo e Giovanni sono, prima di tutto, guardati. Quante persone saranno passate di lì prima di Gesù? Eppure nessuno li aveva guardati e poi riconosciuti così. Nei nostri gesti quotidiani (nel lavoro, nello studio, in famiglia o fra gli amici) siamo capaci di accorgerci che c’è uno sguardo rivolto proprio verso di noi? Quel tipo di sguardo che ci fa sentire amati e riconosciuti. Nonostante le nostre imperfezioni, le nostre ferite, le nostre paure e anzi soprattutto per queste.
La parola, la voce, il sentirsi chiamati, arrivano dopo. Lo sguardo non fa rumore, è intimo. La parola invece irrompe nella realtà, ci mette al muro, chiede risposta. È una parola che è promessa: «vi farò pescatori di uomini». Difficile non pensare ai salvataggi in mare, a chi pesca uomini che stanno annegando, portandoli in salvo. Questa è la promessa: sarete capaci di salvare, di tirare fuori dall’acqua gelida, dall’acqua di morte, mostrando che c’è un’altra vita, un’altra bellezza perché di questo farete esperienza, seguendo me.
È in quel momento allora che dobbiamo solo decidere se abbandonare tutto comprese le nostre certezze (le nostre reti), la nostra storia (il padre) e gettare il cuore oltre l’ostacolo, oltre ciò che conosciamo già, fidandoci di quello sguardo e di quella voce perché, a nostra volta, li abbiamo saputi riconoscere tra altri mille…
Francesca Carraro
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato